(foto EPA)

il verdetto

La Corte suprema britannica boccia i ricollocamenti dei migranti in Ruanda

Cristina Marconi

Secondo i giudici l'accordo sottoscritto dal governo Sunak è "illegale": il paese africano non offre garanzie sul rispetto dei diritti umani. Il premier: per l'immigrazione abbiamo altri piani

La Corte suprema britannica ha pronunciato un secco no, all’unanimità, sull’idea di mandare i richiedenti asilo che arrivano nel Regno Unito in Ruanda, paese che non offre sufficienti garanzie per chi fugge da guerre e torture. È “illegale”, secondo i giudici, che hanno così polverizzato una delle principali politiche del governo di Rishi Sunak, che ha fatto della lotta all’immigrazione e del blocco degli arrivi sulle coste britanniche una delle sue promesse centrali. Alla controversa proposta era particolarmente affezionata l’ex ministro dell’Interno, Suella Braverman, mandata via in seguito a una serie di uscite provocatorie e autrice di una lettera durissima nei confronti del premier in seguito a un rimpasto che ha visto il ritorno dell’ex premier David Cameron e di una serie di tensioni sconquassanti all’interno del partito conservatore. Ma la bocciatura è uno schiaffo anche per Sunak, che ha commentato sottolineando come la Corte abbia comunque confermato il principio secondo cui è legale inviare i richiedenti asilo in un paese terzo laddove vengano garantiti i requisiti di sicurezza. E ha promesso che ci sono altri piani per affrontare la questione dell’immigrazione illegale. 

I cinque giudici della Corte hanno così confermato la sentenza dell’Alta Corte dello scorso giugno, quando era stata sottolineata in particolare la mancanza di garanzie da parte del Ruanda sul fatto che si tratti di un luogo sicuro per i richiedenti asilo, senza il rischio di essere rimandati nei loro paesi d’origine. L’accordo da 140 milioni di sterline con il governo ruandese e le rassicurazioni che le persone verranno trattate in maniera umana e giusta non bastano. “Chiedendoci se ci sono sufficienti ragioni per credere che ci esista un reale rischio di refoulement in un tempo rilevante, abbiamo concluso che ci sono”, hanno dichiarato i giudici attraverso Lord Reed, aggiungendo: “Dei cambiamenti necessari per eliminare il rischio di refoulement possono essere messi a punto in futuro, ma non hanno dimostrato di essere in atto ora”. Per questo “l’appello del ministro dell’Interno è quindi respinto”. 

In teoria la Corte non esclude che si possa stringere un accordo di questo tipo con un altro paese ma è difficile immaginare chi potrebbe farsi avanti. I giudici hanno sottolineato come un accordo passato con Israele, nel 2013-18, abbia sollevato proprio questo tipo di problemi: molte persone sono state spostate in altri paesi. Inoltre il Ruanda ha respinto il 100% delle richieste di asilo da parte di persone provenienti da paesi come la Siria e l’Afghanistan, ha trascorsi non edificanti in materia di diritti umani, ha una “scarsa” comprensione dei suoi doveri in base alla Convenzione sui rifugiati. Da Kigali è subito arrivato un comunicato: non è vero, “prendiamo i nostri obblighi umanitari molto sul serio e continueremo a rispettarli”. 

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