l'editoriale del direttore

È ora di dare la cittadinanza italiana agli ostaggi di Hamas. Un appello

Claudio Cerasa

Se i terroristi, come dicono, stanno liberando chi ha la doppia nazionalità, la risposta deve essere chiara. Lo abbiamo fatto per Zaki, governo e comuni possono farlo anche per loro 

Che cosa significa dire Israele siamo noi? Kfir Bibs ha nove mesi. E’ stata rapita a Nir Oz, un kibbutz a sud di Israele, e si trova nelle mani di Hamas dallo scorso 7 ottobre. Dallo stesso kibbutz è stato rapito anche Ariel Bibbs, quattro anni. E poi, insieme a loro, ci sono Uriyah Brodetz, quattro anni. Il fratello Yuval, otto anni. La sorella Ofri, dieci anni, tutti di Kfar Aza, altro importante kibbutz a sud di Israele. E poi Amelia Aloni, sei anni. Aviv Asher, due anni. Raz Asher, quattro anni. Emma Kunio, tre anni, con la sua gemella Yuli. E poi Naveh Shoham, otto anni. Yahel Shoham, tre anni. Ohad Zachary, otto anni. I nomi che avete appena letto sono solo alcuni dei ventotto minorenni che si trovano da venti giorni nelle mani dei terroristi di Hamas.

Insieme a loro, nascosti a Gaza, nelle mani dei jihadisti islamisti, ci sono altri centonovantaquattro ostaggi. Ostaggi che i terroristi di Hamas stanno utilizzando, da giorni, come merce di scambio per provare a rallentare le operazioni difensive dell’esercito israeliano a Gaza e mettere Israele di fronte a un bivio: rinunciare a colpire i terroristi di Hamas, a Gaza, per riavere tutti gli ostaggi (ieri a Mosca, Hamas, in visita al Cremlino insieme a una delegazione di iraniani, ha fatto sapere di aver raggiunto un accordo sulla liberazione di altri ostaggi). Nella strategia di Hamas, però, è subentrato un fattore diplomatico: per cercare di dimostrare alla comunità internazionale che l’obiettivo dei terroristi è colpire esclusivamente il popolo ebraico, Hamas ha iniziato a liberare qualche ostaggio con doppia nazionalità. Tre giorni fa, il rabbino Menachem Margolin, presidente della European Jewish Association, ha lanciato un appello alla comunità internazionale: se Hamas, come dice, sta liberando ostaggi con doppia nazionalità, la risposta deve essere chiara, e ogni governo europeo dovrebbe garantire immediatamente la cittadinanza agli ostaggi rimasti, “per non costringere gli ebrei a sottoporsi nuovamente a una selezione”.

Alcuni parlamentari del Partito democratico (Madia, Sensi, Quartapelle) hanno  rilanciato l’appello del rabbino e hanno chiesto al governo di riconoscere la cittadinanza italiana ai restanti ostaggi israeliani nelle mani di Hamas per facilitarne la liberazione. La questione è in fondo molto semplice. Chi ha a cuore la democrazia, i diritti umani, la difesa della libertà deve fare il possibile, oggi, per opporsi a “una nuova Shoah” (lo ha ricordato ieri anche Anita Friedman, presidente  dell’associazione Appuntamento a Gerusalemme) e deve mobilitarsi per ottenere il rilascio delle persone sequestrate anche a costo di concedere la cittadinanza italiana a tutti gli ostaggi e aumentare così le possibilità del loro rilascio. L’idea è semplicemente perfetta. E’ un’idea che potrebbe aiutare a togliere un’arma ai terroristi. Ed è un’idea che potrebbe aiutare a ricordare che la guerra che sta combattendo Hamas non è solo contro il popolo ebraico ma è contro gli infedeli, è contro l’occidente intero, è contro i valori non negoziabili delle democrazie, è contro uno stile di vita che riteniamo libero e democratico. E’ una guerra dove il terrorismo che avvicina il suo coltello a un ebreo colpevole di essere ebreo è lo stesso terrorismo che avvicina le sue cinture esplosive a un occidentale colpevole di essere occidentale.

Nel luglio del 2021, la Camera dei deputati ha approvato a larga maggioranza un documento in cui si impegnava l’allora esecutivo a conferire la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, all’epoca recluso in carcere in Egitto. E prima di quell’appello numerosi comuni italiani scelsero di conferire a Zaki la cittadinanza onoraria (Roma, Napoli, Milano, Novara, Bari, Bologna, Firenze, Salerno, Lecce, tra gli altri). Conferire  la cittadinanza agli ostaggi che ha in mano Hamas per dimostrare e ricordare cosa vuol dire essere dalla parte di Israele. Lo abbiamo fatto per Zaki. Lo possiamo fare anche per Kfir Bibs, i bambini prigionieri di Hamas e tutti gli altri ebrei rapiti da Hamas colpevoli semplicemente di essere ebrei.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.