la testimonianza

Lifshitz racconta la sua prigionia, la “ragnatela” di tunnel sotto Gaza e la propaganda di Hamas

Priscilla Ruggiero

L'85enne è il primo dei quattro ostaggi rilasciati a parlare dei suoi 16 giorni di reclusione. Le critiche in Israele alle dichiarazioni sulla "gentilezza" dei miliziani e sulle responsabilità del governo 

Yocheved Lifshitz ha 85 anni ed è stata rilasciata da Hamas dopo 16 giorni di prigionia a Gaza, lunedì sera. Prima di essere liberata si è voltata indietro, ha teso la mano a uno dei due miliziani di Hamas e ha detto: Shalom, la parola ebraica di pace. La mattina seguente, Lifshitz ha detto di voler dire “tutto quello che sapeva” su quei 16 giorni di prigionia:  “Le infermiere hanno detto che è molto acuta e  comunicativa.  E vuole dire a tutti quello che sa”, ha detto ai giornalisti sua figlia, Sharone Lifshitz. In conferenza stampa, su una sedia a rotelle, l’85enne ha detto che quel 7 ottobre, i miliziani di Hamas si sono “scatenati” dopo aver sfondato la recinzione di sicurezza e “hanno ucciso e rapito vecchi e giovani senza distinzione”. Lifshitz  era nel sud di Israele, nel kibbutz di Nir Oz, quando è stata rapita da una moto, legata e portata a  Gaza.  “Mentre viaggiavamo, il motociclista mi ha colpito con un bastone di legno.  Non mi ha rotto le costole, ma mi faceva molto male in quella zona, rendendomi difficile respirare.  Mi hanno rubato l’orologio e i gioielli”, ha raccontato con l’aiuto della figlia che traduceva le sue parole.  E’ stata trattenuta ad Abasan al Kabira, vicino al kibbutz di Be’eri, e in un altro luogo che non è riuscita a identificare.  “Alla fine ci hanno portati sottoterra e abbiamo camminato per chilometri in tunnel umidi, per due o tre ore in una ragnatela di tunnel.  Poi abbiamo raggiunto una grande sala.  Eravamo un gruppo di 25 persone e ci hanno separato in base al kibbutz da cui provenivamo”.  Lifshitz ha detto: “Abbiamo passato un inferno che non avevamo mai conosciuto prima e che non avremmo mai pensato di sperimentare”. “Ho costantemente le immagini di quello che è successo che si  susseguono nella mia mente”. Lifshitz ha descritto “il gigantesco sistema di tunnel” nella Striscia come “una ragnatela”  sotterranea. 

 

Nelle ore successive alla conferenza stampa, la dichiarazione di Yocheved Lifshitz  è stata molto criticata soprattutto in Israele per il modo in cui ha descritto i suoi sequestratori, raccontando che i prigionieri assieme a lei sarebbero stati trattati bene e avrebbero ricevuto cure mediche, compresi i farmaci: “Ci hanno detto che sono persone che credono nel Corano e che non ci avrebbero fatto del male. Ci hanno trattato con gentilezza e hanno soddisfatto tutte le nostre esigenze”. Lifshitz al termine della sua dichiarazione ha anche parlato delle responsabilità del governo su ciò che le è accaduto. “Eravamo il capro espiatorio del governo”, ha detto, e ha accusato le Forze di difesa israeliane (Idf) di “non aver preso sul serio” le minacce di Hamas: “Ci avevano avvertito tre settimane prima, avevano bruciato i campi, inviato palloni incendiari e l’Idf non ha preso la cosa sul serio”.  “La mancanza di consapevolezza da parte dello Shin Bet e dell’Idf ci ha ferito molto”. Ha anche contestato al governo  di Benjamin Netanyahu di aver speso miliardi per costruire una “costosa” recinzione al confine, ma di non aver fatto nulla perché i miliziani la potessero oltrepassare: “Non ha aiutato”, ha detto.  La conferenza stampa è stata descritta da alcuni giornalisti come un “disastro”, Daphna Liel di Channel 12 ha detto che “non c’è dubbio che sarebbe potuta essere gestita meglio” mentre  l’editorialista Eddie Rothstein di Israel Hayom ha definito la dichiarazione una “vittoria propagandistica per Hamas”.

 

La figlia di Yocheved, Sharon, ha detto che il fatto che sua madre sia stata liberata “è meraviglioso”, e che Yocheved “spera davvero che tutte le persone che erano con lei tornino a casa”. Compreso suo padre Oded, il marito dell’85enne che è stato rapito dai miliziani di Hamas insieme a lei  e che non è  ancora stato liberato. La coppia è tra i fondatori del kibbutz di Nir Oz, ha  dedicato la propria vita all’attivismo e al pacifismo e prima del 7 ottobre trasportava regolarmente pazienti da Gaza per ricevere cure mediche negli ospedali di tutto Israele. “Il nostro cuore è con mio padre e con gli oltre duecento prigionieri che sono ancora lì”, ha detto la figlia Sharon, sottolineando che è felice di sapere che sua madre sia stata trattata bene, ma che Yocheved non sappia come vengono trattati gli altri ostaggi ancora nella Striscia, perché nel suo periodo di prigionia “ha visto soltanto altri 25 ostaggi”.