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L'intervista

“Per Israele è la seconda guerra di indipendenza”. Parla il generale Eiland

Giulio Meotti

Secondo l'ex capo del Consiglio di sicurezza d'Israele "la deterrenza israeliana è in pericolo". E sulle piazze pro Hamas. “Il problema non sono i palestinesi che lanciano quegli slogan, ma che lo facciano troppi europei"

"Cosa faresti se il tuo vicino dall’altra parte della strada scavasse un tunnel dalla sua cameretta alla tua per far saltare in aria la tua casa o per rapire la tua famiglia?”. Così nel 2014 parlava l’icona della sinistra israeliana, il grande scrittore Amos Oz, che di mani ne aveva tese più di una ai palestinesi. E di questi dilemmi ora è piena l’aria che si respira nel gabinetto di guerra israeliano.

 
Giora Eiland, ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale (l’NSC), in un’intervista per il programma “Seven Nine” ha detto che è improbabile che Hamas decida di rilasciare i suoi ostaggi, indipendentemente dalla “moneta di scambio” che potrebbe venirgli offerta, perché costituiscono, per i terroristi, un’ottima leva sia nei confronti di Israele sia  dell’opinione pubblica internazionale. I terroristi “non sono stupidi, non rilasceranno gli ostaggi tutti in una volta, ma allungheranno la cosa su cinque anni”. Per i terroristi, infatti, l’obiettivo “è demolire lo stato di Israele” e con gli ostaggi in vita non potrebbero realizzarlo pienamente. E parlando del futuro del conflitto, Eiland ritiene che siamo di fronte “a una sorta di guerra di indipendenza che durerà a lungo”, per la quale “è difficile vedere la luce alla fine del tunnel”. “La deterrenza di Israele è stata severamente deteriorata”, dice al Foglio Eiland, già comandante della brigata Givati, una delle “menti” dell’establishment di sicurezza israeliano. “Per questo è importante riprendere l’abilità di mostrare forza. In questa regione nessuno può sopravvivere senza questa forza. Consideriamo la guerra di Gaza come una guerra di esistenza, se falliamo contro Hamas, non solo non convinceremo gli israeliani a tornare a vivere nelle città e nei kibbutz distrutti, ma ci saranno implicazioni terribili al nord. Dobbiamo fare tutto quello che è possibile per vincere. Quando parliamo il diritto internazionale è la proporzionalità, che significa: comparare l’importanza della missione e i danni collaterali che puoi sopportare e più è importante la missione più alto è il danno collaterale che puoi accettare. Sarà una guerra molto dura e non ci possiamo arrendere, sarebbe la fine dello stato di Israele”. 


Questa è la seconda guerra del 1948 dice Eiland. “Dobbiamo ripristinare le nostre capacità militari, economiche (ieri Standard & Poor ha declassato Israele) e persino spirituali per vincere a Gaza, dove non ci sarà una battaglia simile a quelle finora combattute. Non accetteremo nessun cessate il fuoco o accordo prima che Hamas abbia perso la sua forza militare. E così continueremo, è un momento molto triste. Siamo aperti a qualsiasi consiglio su cosa fare a Gaza dopo la fine di Hamas,  che si prenda cura del popolo palestinese. Ma nessuno vuole essere coinvolto, neanche l’Egitto, altri paesi arabi o organismi internazionale. Tutti ci dicono ‘è il vostro problema’, per poi aggiungere ‘non dovete recare danno al popolo di Gaza’”. 


L’establishment israeliano ha peccato di ingenuità. “Non ci sono illusioni oggi. Hamas la paragoniamo all’Isis per le atrocità che ha commesso, ma è anche peggio. L’Isis era isolato politicamente, nessun paese lo sosteneva, mentre Hamas è sostenuto da Iran, Turchia (ieri Erdogan ha inneggiato ai ‘liberatori di Hamas’) e Qatar. La seconda differenza è che l’Isis era un gruppo che veniva da Baghdad e  ha conquistato territori in Siria e Iraq. Hamas è stato eletto dal popolo palestinese nel 2006, è il rappresentante del popolo di Gaza, quindi parliamo di una nazione che ha un odio profondo e che ha detto no a qualsiasi accordo ragionevole con Israele. Il segretario generale dell’Onu ha detto una cosa incredibile: quindici anni fa il Quartetto venne qui per offrire ad Hamas ogni possibile accordo se avesse riconosciuto   Israele. E Hamas disse di no. Non possiamo farci illusioni e non possiamo accettare accordi di sicurezza che non prevedano la distruzione di Hamas”.

 

Eiland è impressionato dalle piazze pro Hamas. “Il problema non sono i palestinesi che lanciano quegli slogan, ma che lo facciano troppi europei. Anche nel suo paese c’è una compassione malata verso chi ha commesso crimini terribili due settimane fa e che prevede l’annichilimento completo non solo degli israeliani, ma degli ebrei. È un movimento nazista e purtroppo molti liberal europei pensano che siano i buoni in questa storia. E succede nelle scuole e nelle capitali europee. Ma Israele deve pensare al proprio interesse. E ci vorranno  anni per ripristinare la sicurezza, un prezzo molto alto sarà pagato per riprenderci da questo trauma e Gaza non sarà la stessa di prima. Anche se Hezbollah si ferma, il popolo israeliano ha dovuto lasciare le sue case nell’alta Galilea e non tornerà fino a che Hezbollah avrà i suoi missili a duecento metri dalle nostre camere da letto. E quando avremo finito con Hamas, dovremo occuparci di Hezbollah. La comunità internazionale ha accettato che il Libano sia indirettamente controllato quindi dall’Iran”. 
E mentre Eiland finiva di parlare, da Beirut arrivata la foto di Nasrallah con i capi di Hamas e della Jihad Islamica. La tenaglia sul collo di Israele.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.