regno unito

C'era una spia dentro a Westminster?

Giulia Pompili

Un analista parlamentare, che lavorava molto con i conservatori, è stato arrestato con l'accusa di lavorare per la Cina. Guai per la colomba Sunak

Saranno il processo e la sentenza a decidere se Chris Cash, 29 anni e un curriculum di tutto rispetto, lavorava in segreto per conto dell’intelligence cinese avendo pieno accesso a dossier parlamentari di sicurezza. Ma è comprensibile la tensione che si è avvertita ieri a Westminster, durante il dibattito al Parlamento inglese, che si è concentrato quasi esclusivamente sulle rivelazioni di domenica scorsa da parte del Sunday Times. Perché Chris Cash, uno studioso e analista di questioni cinesi noto nel panorama britannico, era un assistente parlamentare e uno degli animatori del China Research Group, cofondato dal ministero della Sicurezza inglese. Cash lavorava alle dipendenze di Alicia Kearns, deputata del Partito conservatore e presidente della commissione parlamentare per gli Affari esteri, ma aveva un ottimo rapporto anche con il ministro della Sicurezza Tom Tugendhat, sanzionato da Pechino nel marzo del 2021, assieme ad altri politici inglesi ed europei, per le loro posizioni anticinesi. Tugendhat appariva spesso nelle conferenze organizzate dal China Research Group, i due si parlavano, si scambiavano consigli.

Ieri è stato il Times a rivelare il nome della presunta spia, dopo che Scotland Yard ha confermato l’arresto di un uomo, il 13 marzo scorso a Edimburgo, per sospetta violazione dell’Official Secrets Act 1911 sullo spionaggio – un’accusa molto esplicita che non si formula di frequente. Secondo i media inglesi, l’uomo sarebbe stato reclutato come “agente dormiente” mentre viveva e lavorava in Cina. In un editoriale il Times ha spiegato i motivi della rivelazione del nome: le persone che hanno avuto a che fare con Chris Cash devono sapere, è una questione di trasparenza alla base della nostra democrazia. Anche perché, secondo le indagini successive, sembra che Cash a marzo sia stato messo in libertà vigilata in attesa delle indagini, ma il suo tesserino d’ingresso a Westminster è stato sospeso soltanto alla fine di aprile: un tempo troppo lungo, secondo la fronda più anticinese e bipartisan del Parlamento inglese. Ieri il primo ministro, Rishi Sunak, ha detto di aver sollevato la questione con il premier cinese Li Qiang durante il loro bilaterale al G20 in India: “Ho ribadito con forza al premier Li che le azioni che cercano di minare la democrazia britannica sono assolutamente inaccettabili e non saranno mai tollerate”, ha detto Sunak. Ma il caso Cash, secondo chi è intervenuto ieri ai Comuni, ha reso ancora più debole la sua politica nei rapporti con Pechino, che mira a mantenere lo status della Cina a “sfida” e non elevarla a “minaccia”. 

 

C’è un dettaglio interessante che aiuta a interpretare la strategia dell’intelligence cinese nelle democrazie occidentali. Nei report pubblici del China Research group non c’era niente dell’apologia del modello cinese che si potrebbe immaginare da “una spia”: ci sono analisi sui Congressi del Partito comunista cinese, articoli sugli istituti Confucio e sull’influenza del Fronte unito, cioè “la strategia con cui il Partito cerca di rafforzare la sua presa sul potere, isolando i rivali, neutralizzando le parti intermedie e massimizzando il numero di alleati”. Se le accuse contro di lui fossero confermate, vorrebbe dire che un individuo come Chris Cash – che ieri in un comunicato si è dichiarato innocente – è una fonte preziosa: raccoglie informazioni sensibili, per esempio su eventuali misure in discussione al governo, mentre nel suo ruolo ufficiale, di facciata, si tiene nel recinto della presentabilità: è semplicemente un esperto di Cina ma non un apologo. Per la sicurezza nazionale, ancora più pericoloso

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.