Doppia minaccia
I vicini africani del Niger promettono la guerra, i golpisti di uccidere il presidente. La via americana
Se la presenza francese nel paese è compromessa, Washington prova a garantire almeno la propria permanenza in una regione irrinunciabile, e tratta separatamente. Ma i soldati dell'Ecowas pronti a intervenire e la minaccia di morte a Bazoum stravolgono i piani
Giovedì sera, quando è finito il vertice degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas), nel comunicato era scritto: “Ordiniamo il dispiegamento della forze in standby – cioè pronte a intervenire in qualsiasi momento – per ripristinare l’ordine costituzionale nella Repubblica del Niger”. E’ la minaccia più precisa formulata finora di un intervento armato contro i golpisti. E’ stata presa nonostante un ricatto: durante la riunione a porte chiuse, il generale della giunta nigerina Moussa Salaou Barmou ha chiamato l’Amministrazione americana e ha minacciato di uccidere il presidente democraticamente eletto, Mohamed Bazoum, appena dei soldati stranieri avessero varcato il confine con l’obiettivo di reinsediarlo al potere. Il generale Barmou e Washington stanno parlando spesso negli ultimi giorni in cui le posizioni degli alleati di Bazoum – sia africani sia internazionali – su come trovare una soluzione alla crisi sembrano essersi allontanate molto le une dalle altre.
La base americana di Agadez, in Niger, è quella da cui sono decollati i droni che andavano a colpire lo Stato islamico quando il gruppo terrorista infestava la Libia: è un’installazione militare preziosa per la sua posizione a cui Washington non vuole rinunciare. Con i suoi sette confini, il Niger è in un punto strategico sulla mappa, incastonato tra il Sahel, l’Africa occidentale e il Nord Africa: nel paese gli Stati Uniti hanno investito più di mezzo miliardo di dollari in infrastrutture militari facendone lo snodo principale della lotta al jihadismo nel continente.
Se la presenza francese nel paese è molto compromessa perché il capo dei golpisti a Niamey, il generale Abdourahmane Tiani, ha deciso di mascherare un colpo di stato per ragioni personalissime (sapeva che sarebbe stato rimosso dal suo presidente, quindi lo ha anticipato arrestandolo) con una lotta nazionalista anti francese che ammicca a Mosca, Washington prova a garantire almeno la propria di permanenza in una regione irrinunciabile. Con i suoi mille soldati in Niger, di cui circa cento sono uomini delle forze speciali, per il Monde “Washington continua a scommettere sul paese del Sahel” e conta sul fatto che anche il nuovo governo sia consapevole che per contenere i jihadisti ha bisogno di un aiuto esterno e di tecnologie sofisticate, perché pensare che un contingente del gruppo Wagner possa arginare il fondamentalismo islamico si è già dimostrato un’illusione in Mali.
L’uomo per cui passa il tentativo di mantenere una linea di comunicazione tra gli Stati Uniti e la giunta golpista nigerina è proprio il generale Barmou, appena nominato capo di Stato maggiore in una mossa che, sempre per il Monde, ha rappresentato “un gesto (di apertura) verso Washington”. Al Pentagono e al dipartimento di stato sono in molti ad avere il numero di cellulare di Barmou ed è lui che ha appena incontrato Victoria Nuland, la sottosegretaria di stato americana, a Niamey. Barmou parla perfettamente inglese, ha studiato negli Stati Uniti e ha ricevuto lì l’addestramento militare, secondo fonti locali il generale nigerino ha fatto sapere all’Amministrazione Biden che, per contenere i jihadisti, rivolgersi alla Wagner non è la prima opzione della giunta.
Anche la nomina di Ali Mahamane Lamine Zeine – un civile – a primo ministro “apre la possibilità di sviluppare una forma di ‘transizione’ politica dai contorni vaghi che offrirebbe agli Stati Uniti una pista per evitare di riconoscere formalmente il golpe, che porterebbe meccanicamente al congelamento degli aiuti militari americani. Un’opzione che né Washington né i golpisti di Niamey vogliono”, scrive il Monde. La giunta aveva appena formato il proprio governo inserendo molti civili e questa decisione era stata letta come una mossa per non bruciare tutti i ponti con gli americani. Ora la minaccia di uccidere il presidente Bazoum per condizionare il vertice Ecowas rende complicato un patto (implicito) con i golpisti per mantenere la presenza.
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