In Europa
Le prigioni di Saakashvili. L'ex presidente è un eroe, un ostacolo o un ricordo sbiadito
Non importa come viene ricordato oggi, al destino dell’uomo che tutti a Tbilisi chiamano “Misha” è legato il futuro della Georgia nell’Ue
Lo stato di salute dell’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili è una bomba a orologeria sulla politica georgiana. Rinchiuso nella clinica medica VivaMedi di Tbilisi, Saakashvili è apparso in video alcune settimane fa, emaciato, debole e provato da mesi di carcerazione e settimane di sciopero della fame. Per fare pressione per la sua liberazione si è mossa la Casa Bianca, con una richiesta ufficiale di Washington al governo georgiano di assumersi la responsabilità sullo stato di salute del prigioniero. Anche il Parlamento europeo, con una risoluzione apposita approvata a larga maggioranza, si è attivato. Il braccio di ferro sulla salute e la libertà di Misha, come lo chiamano sia gli amici sia i nemici, avviene però assieme agli sforzi di Tbilisi di ottenere lo status di paese candidato all’ingresso nell’Unione europea, e in molti a Bruxelles non nascondono che le due cose siano in realtà strettamente legate. “Se dovesse succedere qualcosa a Saakashvili si complicherebbe molto il negoziato sull’ingresso della Georgia in Ue”, ha commentato l’eurodeputato socialista francese Raphaël Glucksmann, tra i firmatari del testo dell’Eurocamera.
Come stia davvero Misha non lo sa quasi nessuno, la settimana scorsa le autorità georgiane hanno concesso l’autorizzazione a una squadra di medici polacchi per visitarlo ma il permesso è stato bruscamente ritirato dopo che, stando alla polizia, uno dei medici avrebbe tentato di sottrarre un campione di tessuti del paziente nascondendo la provetta dentro le calze. Il tentativo potrebbe essere legato alle ripetute accuse lanciate da Saakashvili su di un possibile avvelenamento graduale da parte delle autorità carcerarie. Secondo le autorità georgiane l’ex presidente sarebbe in salute e fuori pericolo. “L’unica cosa che si è vista in quel video è la pubblicità di un trattamento dimagrante di grande successo”, è il commento sprezzante che gli ha riservato il presidente del partito di maggioranza Sogno georgiano, Irakli Kobakhidze.
Dal governo inoltre sostengono che dietro alle pressioni internazionali per la liberazione dell’ex presidente ci sarebbe un disegno preciso per screditare l’attuale maggioranza. A tessere l’operazione sarebbe la cosiddetta “lobby di Misha”, una rete di politici americani, polacchi, ucraini ed europei, falchi della posizione più intransigente possibile con Mosca, che lavora al rovesciamento del governo attualmente retto da Sogno georgiano, espressione politica dell’oligarca Bidzina Ivanishvili. I contatti di Ivanishvili con il Cremlino infatti sono noti e i suoi oppositori, tra cui Nika Gvaramia l’ex direttore del canale d’opposizione Rustavi 2, incarcerato per oltre un anno e recentemente graziato, sostengono che il suo scopo finale sia proprio quello di far fallire la trattativa per l’ingresso della Georgia in Ue sotto richiesta di Mosca.
Che a difesa di Misha ci sia un rete internazionale non del tutto occasionale però non è una teoria priva di fondamento. Una serie di documenti del dipartimento di giustizia americano, ottenuti dai media georgiani, rivelano infatti il coinvolgimento dell’agenzia americana di lobby Akerman LLP, che attraverso una sua associata, Kathleen Hunter Shannon, avrebbe ricevuto pagamenti per ottenere copertura mediatica, incluso un editoriale su Politico, e per inserire la questione dello stato di salute di Saakashvili nelle agende delle cancellerie europee e americane. Tra i compiti della lobbista Shannon c’è anche la stesura della bozza della risoluzione dell’Eurocamera, rivelano le carte. Dalla salute di Saakashvili intanto non dipendono solo le sorti delle relazioni tra Tbilisi e Bruxelles ma anche quelle tra Georgia e Ucraina. Lo stesso presidente Volodymyr Zelensky ha di fatto cacciato l’ambasciatore georgiano da Kyiv intimandogli di tornare soltanto dopo la liberazione dell’ex presidente georgiano. I legami tra Misha e l’Ucraina risalgono alla sua nomina a governatore di Odessa da parte di Petro Poroshenko nel 2015. Saakashvili diventò però nel giro di pochi mesi da amico a nemico giurato di Poroshenko guadagnando infatti le simpatie di Zelensky, allora suo sfidante, che nel 2020 offrì a Saakashvili un incarico nel suo gabinetto.
Per il primo ministro georgiano Irakli Garibashvili le attività della “lobby di Misha” sono il motivo principale della mancata concessione dello status di paese candidato all’ingresso nell’Unione europea per la Georgia, status concesso invece all’Ucraina e alla Moldavia, nonostante la Georgia avesse manifestato la sua volontà di entrare in Ue e lavorato alle riforme necessarie da più tempo che Kiev e Chisinau. Se dalla clinica di Tbilisi Misha continua a polarizzare il dibattito internazionale sulla Georgia, il suo ruggito in politica interna appare però sempre più affaticato. Nei primi anni 2000 Saakashvili era sinonimo d’Europa in Georgia, grazie alla sua Rivoluzione delle Rose il paese infatti inizio a scrollarsi di dosso il passato sovietico e un presente di mafie e corruzione e iniziò a credere possibile un futuro in Europa. L’Europa è anche la bandiera a cui si aggrappa una nuova generazione in Georgia che anche oggi cerca un cambiamento radicale, una generazione però che ha un ricordo sbiadita del vecchio e autoritario Saakashvili. I nuovi votanti infatti guardano sempre più con fatica ad un’offerta politica ridotta ai dissidi tra il partito di Ivanishvili e i seguaci di Misha: uno scontro senza quartiere dove entrambi sostengono di avere a cuore l’ingresso in Ue ma in cui è proprio l’aspirazione europea che potrebbe finire sacrificata.
Indiscrezioni di Bruxelles parlano però di una revisione della richiesta sullo status di paese candidato tra ottobre e novembre e una possibile risposta positiva entro l’anno. Per l’attuale governo sarebbe un modo per liberarsi dalle accuse di voler riportare Tbilisi sotto il controllo di Mosca. Ma visto che l’autunno si avvicina, se fosse vero che qualcuno a Tbilisi, o a Mosca, questo status di paese candidato non lo vuole allora il destino di Misha potrebbe essere l’espediente per far saltare il tavolo, anche un solo trasferimento in cella, lontano dalle cure cliniche necessarie, risuonerebbe quasi come una condanna a morte. Bruxelles sarebbe costretta a reagire e rimandare ancora un volta il primo tratto del ponte verso l’Ue.