Perché la giunta birmana grazia parzialmente Aung San Suu Kyi. C'entrano una statua e la Cina

La pena ridotta di sei anni. Ad Aung San Suu Kyi, 78 anni, ne restano da scontare 27

Il diavolo e la Signora: così si potrebbero definire i due protagonisti della tragedia birmana. Il diavolo è Min Aung Hlaing, il generale che ha preso il potere nel febbraio 2021 e ha nuovamente trasformato il paese in un inferno. La Signora è Aung San Suu Kyi, la donna che cercava di trasformare il paese in una democrazia prima di essere nuovamente arrestata nel mattino di quel primo febbraio. In seguito a una serie di processi farsa è stata condannata a 33 anni di carcere per 19 accuse che sembrano frutto di un tribunale dell’assurdo. Il diavolo si è nuovamente fatto beffe della Signora e del mondo martedì 1° agosto. “Il presidente dello State Administration Council ha graziato la Signora Aung San Suu Kyi” è stato il grottesco comunicato della giunta. La pena ridotta di sei anni. Ad Aung San Suu Kyi, 78 anni, ne restano da scontare 27. Lo stesso giorno è stato “graziato” parzialmente Win Myint, presidente democraticamente eletto e arrestato al momento del golpe. Annunciata anche l’amnistia per oltre settemila prigionieri, ma non si sa quanti di loro facciano parte dei 20 mila prigionieri politici arrestati dal 2021, anzi, com’è accaduto in passato, liberare detenuti per crimini comuni, servirebbe a far spazio a nuovi oppositori. Ipotesi da non escludere, considerando che la giunta ha annunciato l’estensione dello stato d’emergenza di altri sei mesi.

  
Secondo la giunta, la grazia parziale per la Signora sarebbero un atto dovuto per rendere omaggio alla consacrazione della nuova gigantesca statua del Budda costruita a Naypyitaw, la capitale birmana voluta da un precedente dittatore, Than Swe. Alta 25 metri, del peso di cinquemila tonnellate, è la più grande statua in marmo del Budda al mondo, ma è soprattutto un monumento alla smisurata vanità di Min Aung Hlaing che con quest’opera ha voluto emulare i suoi predecessori, ognuno dei quali si era fatto artefice di un’opera grandiosa. Il suo nome è Maravijaya: Mara significa demone, nemico, e Vijaya vuol dire conquistatore. E’ come se il generale Hlaing, in un delirio blasfemico, avesse voluto dichiararsi conquistatore dei suoi nemici e demonizzare la Signora, che per il popolo è ancora un’immagine totemica. Che Aung San Suu Kyi mantenga questa forza simbolica è dimostrato proprio dal comportamento della giunta, che continua a utilizzarla come l’ostaggio perfetto le cui condizioni sono cinicamente regolate secondo le esigenze. Così, dopo averla costretta all’isolamento in una cella comune, la giunta ha potuto vantare la concessione degli arresti domiciliari – peraltro in un edificio governativo della capitale. In quell’occasione a Suu Kyi è stato permesso l’incontro col ministro degli Esteri thailandese Don Pramudwinai, prima personalità politica straniera a poterla vedere. Proprio in quell’incontro potrebbe celarsi il motivo di tanta clemenza da parte di Min Aung Hlaing. Secondo indiscrezioni fatte filtrare dai militari, infatti, la Signora avrebbe manifestato disaccordo con il governo ombra birmano e il suo braccio armato, mantenendosi fedele alla sua visione gandhiana della politica. Voci “confermate” da Pramudwinai: “Lei incoraggia il dialogo”, ha dichiarato il ministro di un governo, come quello thai, anch’esso generato da un golpe. C’è in ogni caso da dubitare che la Signora sia al corrente del fatto che sono quasi quattromila i morti nelle repressioni poliziesche e che si è scatenata una feroce guerra civile.

  
Per altri osservatori, la clemenza sarebbe “una mossa cosmetica” per attenuare le critiche dell’opinione pubblica internazionale. In realtà i destinatari di questo messaggio sono altri. I paesi dell’Asean innanzitutto. Con l’eccezione di Singapore, non nascondono il desiderio di risolvere il problema purché la giunta dimostri la volontà di allinearsi con autocrazie meno selvagge, vale a dire con quelle in atto nella maggior parte delle nazioni del sud-est asiatico. Già in questo mese la Birmania dovrebbe ospitare le esercitazioni militari di antiterrorismo cui partecipano le nazioni dell’Asean e la Russia, dove le esercitazioni proseguiranno a settembre. Il destinatario finale di ogni decisione operata dal diavolo di Naypyitaw, tuttavia, è il suo personale convitato di pietra: la Cina. Il governo di Pechino, infatti, si era dimostrato favorevole al governo della Signora e, contrariamente a quanto sospettato da molti, non aveva ispirato il golpe. In seguito, pur sostenendo la giunta per puro opportunismo, ha sempre preferito mantenersi sullo sfondo. Dal momento del golpe Min Aung Hlaing ha sempre disperatamente cercato di visitare la Cina per ottenere la benedizione di Pechino. Invano. Ma ora sembra che il suo desiderio potrebbe realizzarsi a settembre. (mas.mor)

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