Seimila morti in Myanmar, che merita gli aiuti internazionali come l'Ucraina

Priscilla Ruggiero

Decapitazioni, mutilazioni, omicidi politici. A due anni dal golpe, la giunta militare strazia i birmani e non ha alcun interesse nella pace

Il Myanmar merita gli aiuti internazionali, come l’Ucraina: l’unità storica della resistenza per il cambiamento democratico è degna del sostegno del mondo”, hanno scritto alcuni importanti esponenti del Nug, il governo ombra del National Unity Government, sull’United States Institute of Peace. Lunedì il Peace Research Institute di Oslo (Prio) ha pubblicato un report in cui per la prima volta dall’inizio del colpo di stato in Myanmar, il primo febbraio 2021, la stima dei morti per motivi politici è “significativamente più alta di quanto riportato da organismi internazionali, compreso l’Onu”: seimila civili uccisi in venti mesi, di cui la maggior parte per omicidi politicamente motivati. “I nostri dati mostrano che il bilancio umano del conflitto è più alto di quanto mai riportato, e la giunta è chiaramente il principale assassino”, ha detto Stein Tønnesson, coautore del rapporto.

 

Già a marzo l’inviato speciale dell’Onu per il Myanmar, Noeleen Heyzer, durante una riunione dell’Assemblea generale aveva sottolineato l’aumento di violenza “allarmante” della giunta militare sul popolo birmano con un impatto “devastante”: sono state registrate atrocità, decapitazioni e mutilazioni dei corpi dei combattenti ribelli. A due anni dal colpo di stato, mentre le organizzazioni internazionali e i paesi vicini cercano una soluzione diplomatica, gli attacchi aerei, i bombardamenti su scuole e ospedali, i corpi bruciati vivi e le decapitazioni dimostrano che la giuntanon ha alcun interesse nella pace.

 

Il 27 maggio e il 4 giugno tre ufficiali della giunta militare avrebbero visitato la leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) Aung San Suu Kyi nella prigione di Naypyidaw per “negoziati di pace” con la resistenza armata. Ma per l’Nld i responsabili e gli unici in grado di fermare le violenze della guerra civile in Myanmar sono i militari, e “solo dopo che tutti i prigionieri politici, compresa Aung San Suu Kyi, saranno stati liberati, si potrà avviare il percorso verso la rivoluzione”, ha detto un membro dell’Nld.

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