“Sono atlantista ma...”.

La Via della seta passa per Asti, Piemonte

Giulia Pompili

L’attivissimo sindaco Maurizio Rasero (del centrodestra) legge il pensiero di Xi tra gemellaggi con città cinesi e tour da sogno in Cina. Gli occhi del Partito comunista sulla città piemontese

"Sarebbe una follia uscire” dalla Via della Seta, dice al Foglio il sindaco di Asti e presidente dell’omonima provincia, Maurizio Rasero, “ci sono spazi da occupare, se non lo facciamo noi lo faranno altri”. Rasero è attivissimo sul fronte dei rapporti con la Cina, soprattutto ora, che è appena tornato da una lunga missione nella Repubblica popolare.  

 

Ma sindaco, gli accordi commerciali si fanno lo stesso anche senza intese politiche, e anche il presidente del partito di cui fa parte, Silvio Berlusconi, dice che quello della Via della seta è un “progetto egemonico” cinese: “Guardi, so benissimo in quale campo siamo, quello occidentale e atlantista, ma…”, aggiunge Rasero, che è sindaco del comune piemontese dal 2017 ed è stato rieletto un anno fa con una coalizione di centrodestra. Ma? “Ma non va bene strumentalizzare. Sto anche leggendo il pensiero di Xi Jinping e non mi vergogno a dirlo”. Rasero è un fiume in piena, un entusiasta, a chi gli fa notare che il Partito comunista è noto per la repressione e la censura, che sostiene ideologicamente la guerra della Russia contro l’Ucraina, risponde “questo non lo so”, e riprende a parlare di vini astigiani da esportare. Il 2 maggio scorso, nel giorno in cui si festeggia il suo patrono, San Secondo, Asti si è riempita di bandiere della Repubblica popolare cinese per dare il benvenuto alla delegazione della prefettura di Nanyang, della provincia dello Henan, arrivata nella città piemontese per firmare un formale gemellaggio. Chi c’era, quel giorno, parla di un evento un po’ confuso, con la Camera di commercio insofferente per lo scarso coinvolgimento concreto nelle attività, la parte italiana che aspetta il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, la delegazione cinese che aspetta la penna giusta per la firma e le foto.  

 

L’eccessiva attenzione del sindaco per tutto ciò che riguarda la Cina sta diventando motivo di chiacchiere e insoddisfazione tra i residenti – compreso l’eco mediatica che ha avuto la scorsa settimana il matrimonio celebrato dal sindaco di due cittadini cinesi. E gran parte di questo attivismo si dovrebbe all’attivismo di Zhao Zhijun, imprenditore del gruppo Cijan che ha il quartier generale nella città di – guardacaso! – Nanyang. L’azienda nel 2011 ha acquisito la storica fabbrica di componentistica auto Way-Assauto – che era in fallimento – e da allora Zhao non si è mai fermato nell’espansione, costituendo pure un recentissimo progetto di ricerca con il Politecnico di Torino per lo sviluppo di tecnologia auto. La capogruppo del Pd in consiglio comunale, Maria Ferlisi, è tra chi ha votato “no” al gemellaggio con Nanyang, a marzo, e spiega al Foglio: “Sono convinta che quella dei gemellaggi sia una strada da percorrere, però in questo caso trovo sia stata una cosa troppo frettolosa”. E sarebbe stata infatti la delegazione cinese a imporre i tempi della firma. 


Poi, neanche un mese dopo, il sindaco Maurizio Rasero è partito per una missione di dieci giorni in Cina, accompagnato da due assessori e un consigliere comunale. “Quasi tutto pagato dalla parte cinese”, dice una fonte informata sulla missione al Foglio, “tra hotel a sei stelle e passaporti rilasciati in tempi record”. Rasero dice di aver deciso lui l’itinerario, con l’aiuto sostanziale del console cinese a Milano, Liu Kan, con cui c’è un rapporto e una consuetudine di vecchia data: “Abbiamo visitato vigneti e cantine a Yantai”, dove “si parla già di un memorandum da firmare per concretizzare i rapporti di scambio”. Poi Qingdao e Qufu, nello Shandong, sempre “accolti quasi come capi di stato, da personalità importanti” sia amministrative sia, come spesso succede in Cina, da esponenti locali del Partito comunista. Pure a Wuhan, nello Hubei, dove sono stati accolti da Zhang Xiaomei, a capo dell’Ufficio degli Affari esteri della provincia, che “pensi: sapeva pure che avevamo fatto una campagna durante il Covid per promuovere i ristoranti cinesi di Asti dove non andava nessuno, ci ha detto: gli amici si vedono nel momento del bisogno”. 


Il gruppo astigiano si è mosso tra le città “in dei pullmini, sempre controllati e scortati. Se uno diceva: ho sete, dopo cinque minuti c’era la coca cola col ghiaccio”, in un sistema già visto più volte utilizzato dai governi locali cinesi per compiacere l’entusiasta rappresentante delle istituzioni straniero, con visite guidate, cene di gala e viaggi comodissimi e costosissimi. “Sono stati di una disponibilità unica, ma non finalizzata a qualcosa eh, più per gettare la base della conoscenza reciproca”. E infatti a Nanyang, dove quando è arrivata la delegazione di Asti “è stato bloccato il traffico”, si è subito manifestato “il rappresentante degli Istituti Confucio, per aprire altre collaborazioni con le nostre scuole, oltre a quelle col liceo artistico di Asti”. E così ora tutte le città cinesi vogliono Asti: “Tra una decina di giorni arriva una delegazione da Bazhong, nello Sichuan, per firmare altri protocolli”, dice Rasero. “E a settembre vorrei tornare in Cina. Sto chiedendo al presidente Cirio di venire con me”. Eppure qualche giorno fa la Regione Piemonte ha lasciato cadere una “manifestazione d’interesse” – una mail, giunta in Regione – con cui la Cerieco, società del governo cinese, si era proposta di acquisire il piccolo aeroporto Aeritalia e un’area di 50 mila metri quadri ex Fiat a Mirafiori.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.