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Il retroscena

Il sindacalista che voleva il dialogo con Macron ora sogna l'Eliseo

Mauro Zanon

A Parigi sembra delinearsi in lontananza un nuovo leader politico, Laurent Berger, dopo le dimissioni dalla Cfdt. Il braccio di ferro che fa tremare Macron sull'erà pensionabile però fa pensare ad un ritorno della social-democrazia nel 2027

“Si potrebbe immaginare, per esempio, che quando finirà questo momento concitato e verrà risolta la questione della riforma delle pensioni Laurent Berger decida di lanciarsi nell’avventura di una campagna presidenziale”. Lo scorso 23 marzo, sul Monde, si esprimeva con queste parole Michel Wieviorka, intellettuale e sociologo francese di obbedienza progressista, facendo notare che le proteste di piazza contro l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni avevano prodotto un potenziale leader politico a gauche, Laurent Berger, boss della Cfdt, la Confederazione francese democratica del lavoro. Le parole di Wieviorka acquisiscono oggi ancora più interesse alla luce delle dimissioni improvvise di Berger dal vertice del sindacato riformista e delle voci insistenti sulle ambizioni politiche di questo sindacalista, originario della Loira atlantica, che ha fatto diventare la Cfdt la prima organizzazione sindacale francese per numero di iscritti, sorpassando i rivali storici della Cgt, la Cgil d’oltralpe. “Penso che il 21 giugno lascerò una Cfdt in buone condizioni”, ha detto al Monde Berger, che verrà sostituito con tutta probabilità dalla sua vice, Marylise Léon. “E’ da cinque anni che lavoriamo assieme, è tosta e umanamente straordinaria”, ha detto di lei il leader uscente della Cfdt. Sollecitato dalla stampa, Berger ha detto che lui non ha alcuna intenzione di fare politica, che quelli che lo vedono candidato alle prossime presidenziali sono fuori pista, e che dal sindacato se n’è andato principalmente per due motivi: era lì da troppo tempo, dal 2012, e bisogna lasciare spazio alle donne. Alla sua versione, naturalmente, sono in pochi a crederci. Perché in questi mesi Berger non è stato soltanto la guida dell’intersindacale contraria alla riforma delle pensioni, ha assunto anche il ruolo di leader dell’anti macronismo, ingaggiando un vero e proprio braccio di ferro con l’inquilino dell’Eliseo.

 

Macron lo credeva più conciliante rispetto ai colleghi oltranzisti, ed era convinto di poter trovare un compromesso sulla riforma: si è invece trovato di fronte a un sindacalista più inflessibile di un picchetto della Cgt, ostile a qualsiasi negoziazione che non fosse incentrata sull’abbandono dell’età pensionabile a 64 anni. La macronia è convinta che Berger sogni l’Eliseo, o quantomeno Matignon, e France Inter lo indica come il volto che potrebbe segnare il ritorno della social-democrazia nel 2027. Alcuni dicono che abbia già detto molti no, che la Nupes, la coalizione delle sinistre in Parlamento guidata da Jean-Luc Mélenchon, lo abbia avvicinato. Altri sottolineano che la Francia non è il Brasile di Lula né la Polonia di Lech Walesa, due sindacalisti diventati capi dello stato. Non sono passate inosservate, in ogni caso, le sue frasi molto politiche sulla Francia in “grave crisi democratica”, frasi che hanno fatto imbufalire il presidente Macron. Quest’ultimo, mercoledì, ha parlato di “rispetto, e oserei dire amicizia” per descrivere, nonostante gli ultimi mesi, la propria relazione con Berger. Risposta del leader uscente della Cfdt: “Non è un amico”.

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