Foto di Jeremias Gonzalez, AP Photo, via LaPresse 

sottili aperture

A Parigi si apre una timida mediazione sulle pensioni. Poca gente (e incidenti) alla protesta

Mauro Zanon

I leader sindacali suggeriscono di "mettere in pausa" l'articolo 7 della riforma. È la prima volta che le parti sociali non ne invocano il ritiro

Parigi. Ieri Laurent Berger, segretario nazionale del primo sindacato francese per numero di iscritti, la Cfdt, ha provato a tendere una mano all’esecutivo: per “trovare una via d’uscita” alla crisi sulla riforma delle pensioni, approvata due settimane fa in seguito all’attivazione del 49.3, l’articolo della Costituzione che consente di approvare una legge bypassando il voto in Parlamento. “Bisogna entrare in un processo di mediazione”, ha detto su France Inter il leader del sindacato riformista, suggerendo di “mettere in pausa” l’articolo 7 della riforma, ossia il più importante, quello che alza l’età pensionabile da 62 a 64 anni, nominare due-tre mediatori, e attraverso il dialogo trovare un “compromesso sociale”.

“C’è una contestazione profonda. Sarebbe una follia, da parte di quelli che ci governano, decidere di non temporeggiare (…). Se non ci si mette d’accordo nei prossimi sei mesi sulla questione del lavoro e dell’equilibrio del sistema previdenziale, allora torniamo ai 64 anni. Ma diamo spazio al compromesso sociale”, ha aggiunto Berger, secondo cui non c’è stata “alcuna concertazione” sull’articolo 7 tra il governo e le parti sociali. La sua proposta è arrivata nel giorno della decima mobilitazione nazionale contro la riforma: mobilitazione che ha registrato un netto calo della partecipazione rispetto alle precedenti, ma anche i soliti incidenti tra facinorosi e forze dell’ordine

È la prima volta dall’inizio della protesta che il leader del principale sindacato francese non invoca il “ritiro” della riforma, pur rimanendo contrario all’articolo 7. Sollecitato su quale sarebbe la sua posizione nel caso in cui l’esecutivo proponesse, per esempio, di spostare il cursore a 63 anni, Berger ha risposto così: “No, ci sono altri modi di fare” (per finanziare le pensioni e mantenere il sistema in equilibrio). Per portare avanti il suo piano, il sindacalista della Cfdt, assieme agli altri leader dell’intersindacale, invierà una lettera al presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, entro la fine della settimana.

Tra i firmatari, c’è anche Philippe Martinez, il più radicale dei sindacalisti francesi, a capo della Cgt. “Tenuto conto di una mobilitazione che non si sgonfia, proponiamo nuovamente al governo, e soprattutto al presidente della Repubblica, di sospendere il progetto e di designare una mediazione”, ha dichiarato Martinez, prima di partecipare a una manifestazione a Clermont-Ferrand, dove nel weekend si terrà il congresso per il rinnovo dei vertici della Cgt. 

Venerdì scorso, l’inquilino dell’Eliseo aveva scartato l’ipotesi di una “pausa” nella riforma, dicendosi tuttavia “a disposizione dell’intersindacale” per “fare dei passi in avanti su alcuni temi” legati al lavoro. E lunedì, tra il segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler, e Berger, c’è stato un colloquio telefonico che lascia intravedere uno spiraglio. Resta da capire, tuttavia, quali saranno le modalità del dialogo, visto che ieri il portavoce del governo, Olivier Véran, ha respinto l’idea di nominare due-tre mediatori, preferendo un contatto “diretto” con Berger.

“Accogliamo la proposta di Laurent Berger di parlarsi, ma direttamente. Non c’è bisogno di mediazione. Il presidente della Repubblica lo ha dichiarato: è pronto a ricevere l’intersindacale a partire dal momento in cui il Consiglio costituzionale si pronuncerà sulla conformità del nostro testo legislativo”, ha dettagliato Véran, ossia non prima della fine di aprile. Segni di distensione sono arrivati anche dai deputati centristi del MoDem, principali alleati di Renaissance in Parlamento, che sono d’accordo  con l’idea di nominare delle persone che non siano “direttamente implicate nella riforma”. Servirà uno sforzo sia da parte del palazzo sia da parte della piazza, ma per la prima volta ci sono i presupposti per immaginare un’uscita dalla crisi in maniera costruttiva. 

Di più su questi argomenti: