Tsai incontra McCarthy perché ha bisogno di mostrare Taiwan meno isolata

Giulia Pompili

La presidente taiwanese deve rassicurare l'opinione pubblica: i nostri alleati ci sono. Per lo speaker del Congresso si tratta più di politica interna. Le portaerei Usa-Cina si muovono attorno all'isola

Due navi da guerra, una cinese e una americana, ieri hanno pattugliato la costa orientale dell’isola di Taiwan, quasi contemporaneamente, in un equilibrio di provocazioni e segnali di deterrenza molto delicato. La mobilitazione militare cinese era una prevedibile risposta all’incontro storico, avvenuto ieri, tra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e lo speaker del Congresso americano Kevin McCarthy. Pechino ha inviato la portaerei da guerra Shandong, gioiello della Marina cinese entrato in servizio quattro anni fa, che secondo il ministero della Difesa di Taiwan sarebbe arrivato fino a circa trecento chilometri di distanza da Capo Eluanbi, la punta più a sud dell’isola. Ma l’esercitazione militare lanciata dalla Cina per intimorire Taiwan (e l’America) per ora è stata molto più contenuta del previsto: solo un elicottero antisommergibile cinese ha attraversato ieri la Zona di identificazione aerea dell’isola de facto indipendente, mai governata dal Partito comunista cinese, che la Cina rivendica come proprio territorio. La flotta americana del Pacifico ha inviato nell’area – ma più a distanza rispetto alla nave cinese – la portaerei Uss Nimitz.  


I giochi di posizione nelle acque attorno all’isola di Taiwan non hanno fermato Tsai e McCarthy. I due si sono incontrati ieri alla  Reagan presidential library di Simi Valley alle dieci del mattino.  


 Poi hanno avuto un incontro a porte chiuse di due ore insieme con altri 18 membri del Congresso americano tra cui il repubblicano Mike Gallagher, presidente del nuovo comitato della Camera sulla Cina voluto proprio da McCarthy, e il democratico di origini indiane Raja Krishnamoorthi. 

 

Durante una dichiarazione alla stampa congiunta, Tsai ha parlato in modo molto diretto di un sistema democratico sotto attacco: “Non è un segreto che oggi la pace che abbiamo mantenuto e la democrazia che abbiamo costruito lavorando duramente si trovano ad affrontare sfide senza precedenti. Ci troviamo ancora una volta in un mondo in cui la democrazia è minacciata ed è necessario far brillare il faro della libertà”.

 

E’ la terza volta, da quando Washington ha chiuso alle relazioni diplomatiche formali con la Repubblica di Cina, cioè Taiwan, che uno speaker incontra la massima figura istituzionale del paese: era successo nel 1997, quando Newt Gingrich incontrò l’ex presidente di Taiwan Lee Teng-hui, e poi di nuovo solo lo scorso anno, ad agosto, quando Nancy Pelosi atterrò a Taipei per una visita che ha cambiato tutto. Pechino aveva reagito con delle esercitazioni militari massicce e spaventose, e poi aumentando la quotidiana pressione militare su Taiwan, ma alla fine di tutto, non ha potuto far altro che accettare un nuovo status quo, confermato anche dall’incontro di ieri: la diplomazia occidentale vuole cedere sempre meno al ricatto cinese su Taiwan. 
Formalmente si tratta di “diplomazia di passaggio”, perché Tsai non ha potuto compiere in America una formale visita di stato, ma già dal suo primo stop a New York si intuiva l’importanza di aumentare il suo consenso in America: Taiwan andrà alle elezioni presidenziali il prossimo anno, e il Partito progressista democratico sta cercando di mostrare che l’isolamento di Taipei è ben compensato dalle alleanze internazionali.  McCarthy, che avrebbe voluto volare a Taiwan come Pelosi ma la sua visita è stata “sconsigliata” direttamente dal governo taiwanese, è invece in cerca di una legittimazione dopo i quindici ballottaggi che ci sono voluti per eleggerlo nel gennaio scorso.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.