Yolanda Diaz alla parata militare del 12 ottobre 2022 a Madrid, Spagna (Foto di Carlos Alvarez/Getty Images) 

Yolanda Díaz vuole guidare la Spagna, e fa rabbrividire Podemos

Guido De Franceschi

La seconda vicepremier e ministra del Lavoro nel governo Sánchez presenta la piattaforma Sumar per raccogliere l’elettorato a sinistra del Psoe: è la potenziale next big thing politica spagnola in vista delle elezioni del prossimo dicembre, mentre sbiadisce la stella del cartello della sinistra radicaole di Pablo Iglesias

“Voglio essere la prima donna a guidare il governo spagnolo”, ha detto domenica Yolanda Díaz. Non era un mistero che la seconda vicepremier (nonché ministra del Lavoro) nel governo guidato dal socialista Pedro Sánchez stesse studiando da protagonista. E infatti ha presentato la sua piattaforma Sumar, che ha l’ambizione di raccogliere l’elettorato che si colloca alla sinistra del Psoe.

  
L’evento fondativo del nuovo soggetto politico ha fatto molto rumore in quanto è la potenziale next big thing politica spagnola in vista delle elezioni del prossimo dicembre, verso cui il paese si stava fin qui avviando con un nervosismo acuito dalla mancanza di idee nuove. Al varo di Sumar hanno partecipato i leader di una dozzina di sigle della sinistra spagnola. C’erano la sindaca di Barcellona Ada Colau, i leader di Más País (Iñigo Errejón) e di Más Madrid (Mónica García), il coordinatore di Izquierda Unida Alberto Garzón e il sindaco di Valencia Joan Ribó. In ossequio al nome stesso della piattaforma, all’evento fondativo di Sumar (verbo che significa “mettersi insieme”) erano quindi presenti i rappresentanti di quelle formazioni politico-sociali che con l’immaginifico nome di “confluencias” erano appunto confluite in Unidas Podemos, rendendo più capillare fin nei territori più periferici (e indipendentisti) dello stato spagnolo, e quindi più solido elettoralmente, il cartello della sinistra radicale nato dal movimento degli indignados e dal carisma di Pablo Iglesias.

  
Ma infatti! Come collettore della sinistra radicale spagnola non c’era già Podemos? Sì, appunto. Ma la sua stella si è ormai impallidita e la Díaz ne ha approfittato, neanche troppo di nascosto, per prendere l’iniziativa. La dirigenza di Podemos, e non stupisce, non ha preso bene la nascita di una piattaforma di fatto sostitutiva e non ha quindi partecipato all’atto fondativo di Sumar, con l’eccezione di qualche singolo, che è intervenuto a suo rischio e pericolo politico.

  
Yolanda Díaz era entrata al governo in quota Podemos e poi, tre anni fa, era stata indicata dal dimissionario leader di Podemos, Pablo Iglesias, come sua sostituta per la carica di vicepremier. Il profilo e lo stile politico della Díaz, però, sono sempre stati distinti. E, d’altronde, nel suo portafogli non è mai entrata altra tessera che non fosse quella del Partito comunista.

 
Ed è qui, nella differenza di stile (e quindi di atteggiamento nelle faccende di governo), che risiede la novità della proposta politica della Díaz, che si è forgiata politicamente nell’ambiente ruvido dei cantieri navali galiziani in cui lavorava suo padre Suso, leggendario sindacalista comunista, e ha quindi un retroterra molto diverso da quello dei professorini di Podemos, con la loro aria da kollettivo. Al populismo la Díaz preferisce il pragmatismo. Agli slogan anticasta preferisce far fermentare gli avversari in negoziazioni in cui è notoriamente implacabile, anche perché lei il tavolo non lo lascia né lo rovescia mai. Alle mise da fuoricorso preferisce abiti che fanno esclamare “¡Que lookazo!” ai notisti di costume. E all’atteggiamento da ostruzionista prestata al governo esibita dalla podemita media preferisce mostrarsi come una governista, che è però disposta, ma solo se del caso, a estenuanti contrattazioni.

  
La nascita di Sumar appare quindi come una novità politica di rilievo, anche al netto dei molti “però” (però nessun sondaggio dà risultati davvero folgoranti alla piattaforma della Díaz; però se alla fine non si trova un qualche accordo di non belligeranza con Podemos, e ancora niente è scontato, la doppia presenza sulla scheda elettorale rischia di trasformarsi in un festival dell’autolesionismo; però anche se la Díaz dice parole molto più chiare di Podemos sul diritto dell’Ucraina a difendersi poi, quando si passa al tema dell’invio di armi, comincia anche lei ad andare sul vago; eccetera).


Sumar è importante perché Sánchez vuole contrastare simmetricamente, con un’alleanza programmatica dei socialisti con la sinistra-sinistra, l’eventualità che il Partito popolare di centrodestra possa sommare i suoi seggi a quelli degli ultrà sovranisti di Vox. E per lui è più semplice (e più cool) fare un vero accordo con la Díaz che con l’ormai sfiatata dirigenza di Podemos. Perché la vicepremier non individua il “vero nemico” nel Psoe come invece fanno, senza troppo dissimularlo, i podemiti, che pure con il Psoe governano da anni. E un asse con lei può quindi aiutare Sánchez ad affrontare la campagna elettorale senza la paura di dissanguarsi a causa del fuoco amico.