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Macron si salva dalla sfiducia per poco. La conta nel governo 

Mauro Zanon

La mozione contro l'esecutivo francese è stata votata da 278 deputati, con altri nove favorevoli il governo si sarebbe dovuto dimettere. In piazza continua l'agitazione contro la riforma delle pensioni e il rischio è che le mobilitazioni si radicalizzino

Parigi. Il governo di Élisabeth Borne si è salvato per nove voti. La mozione di sfiducia transpartitica presentata all’Assemblea nazionale dal gruppo Liot contro l’esecutivo francese, in seguito all’utilizzo del 49.3 per approvare senza voto la riforma delle pensioni, è stata votata da 278 deputati: ne servivano 287 per bocciare la legge e costringere Borne e i suoi ministri alle dimissioni in blocco. “E’ un governo già morto”, ha dichiarato subito dopo l’annuncio dei risultati Mathilde Panot, capogruppo dei deputati mélenchonisti. Oltre alla mozione di sfiducia del gruppo Liot, sostenuta dalle sinistre, dalla destra sovranista e da una parte dei gollisti, è stata respinta anche quella presentata dal Rassemblement national di Marine Le Pen. La maggioranza sfiorata di poco dalla mozione Liot conferma che il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, aveva ragione a non fidarsi dei gollisti, tra i quali c’erano evidentemente molti franchi-tiratori. 

L’esame delle due mozioni di sfiducia è iniziato alle 16, con i mélenchonisti che hanno accusato il governo di “tradire il popolo”, e i lepenisti che denunciavano “una legge nata morta attraverso l’utilizzo del 49.3”. “Il 49.3 non è l’invenzione di un dittatore”, si è difesa la Borne, deplorando “l’anti parlamentarismo delle opposizioni”. Durante il dibattito pre voto, erano molti gli scranni vuoti dei deputati della maggioranza, formata da Renaissance, il partito macronista, MoDem, i centristi di François Bayrou, e Horizons, la formazione dell’ex primo ministro Edouard Philippe. E in molti hanno visto dietro questa diserzione un segno di chiara debolezza del capo del governo, Elisabeth Borne. “Dove sono finiti i macronisti?”, ha chiesto ironicamente François Ruffin, deputato mélenchonista e tra i principali agit prop della piazza anti Macron. Nelle ultime settimane, contro la riforma delle pensioni, si sono schierate anche alcune personalità del mondo della cultura francese, tra cui il premio Nobel per la Letteratura Annie Ernaux e lo scrittore vincitore del Goncourt nel 2018 Nicolas Mathieu. Domenica, alla vigilia del voto delle mozioni di censura, Mathieu ha rincarato la dose in un testo pubblicato su Mediapart. “Che dire di un presidente eletto due volte ma senza un vero consenso popolare per sostenere la sua politica di manager, di macinatori di soldi e di pensionati distratti, del suo governo di uomini d’affari e consulenti strapagati?”, ha attaccato Mathieu: “Avete pensato a quei corpi piegati, storti, sfruttati, che per colpa vostra sgobberanno fino alla malattia, e forse fino alla morte? Queste persone sono una distesa di benzina e voi siete solo dei bambini con una scatola di fiammiferi”. La dura presa di posizione del romanziere francese ha fatto arrabbiare il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, che su BfmTv ha parlato di frasi “offensive” e “ingiuste”. “Contesta la democrazia? Sono stato eletto tre volte deputato in una circoscrizione popolare, che tra l’altro è passata al Rassemblement national. Dunque, Nicolas Mathieu non è l’unico a conoscere le persone di cui parla”, ha reagito Le Maire.

Nonostante le  accuse a Macron di aver “calpestato il volere del popolo”, ampiamente contrario all’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, la riforma è fondamentale per l’equilibrio dei conti pubblici, per la preservazione di quella famosa “exception française” di garanzie e protezioni sociali che ha pochi eguali al mondo. François Ecalle, ex magistrato della Cour des comptes e responsabile di Fipeco, sito di informazione sulle finanze pubbliche, ha spiegato su France Culture che il sistema pensionistico francese rappresenta attualmente quasi 350 miliardi di euro. “Ciò corrisponde al 14 per cento del pil” ma anche a “quasi un quarto del totale della spesa pubblica”, ha detto l’ex magistrato, spiegando: “Poiché andiamo in pensione prima degli altri e poiché abbiamo un’aspettativa di vita più elevata in confronto alla media i francesi passano globalmente più tempo in pensione rispetto agli altri paesi”. 

Insomma, è certamente una misura impopolare, osteggiata da quasi sette francesi su dieci secondo i sondaggi e che forse necessitava di una maggiore pedagogia da parte del governo, ma per ragioni finanziarie e demografiche è imprescindibile. La realtà dei numeri, tuttavia, accanto al fallimento delle mozioni di sfiducia, non scoraggeranno la piazza. Anzi: il rischio è quello di una radicalizzazione della mobilitazione aizzata dalla Cgt, il sindacato più oltranzista del paese.

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