Foto Epa, via Ansa

La guerra ha distrutto i legami energetici tra Russia ed Europa, non il sabotaggio del Nord Stream

Federico Bosco

Secondo l’intelligence statunitense, l'attacco al gasdotto sarebbe opera di un gruppo pro Kyiv formato da cittadini ucraini e russi. Ma i rapporti tra Putin e l'occidente erano già stati segnati dalla scelta del Cremlino di invadere l'Ucraina, ben prima degli esplosivi piazzati nel Mar Baltico

Secondo informazioni dell’intelligence statunitense di cui sono stati informati alcuni giornalisti del New York Times, le azioni di sabotaggio che alla fine di settembre del 2022 hanno messo fuori uso le linee dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 sarebbero opera di un gruppo pro Kyiv formato da cittadini ucraini e russi.

   

Secondo l’articolo pubblicato ieri e rilanciato in tutto il mondo, i funzionari statunitensi hanno detto al quotidiano di non sapere molto dei presunti autori del sabotaggio e delle loro affiliazioni. Forse si stratta di oppositori di Vladimir Putin, ma non è stata data nessuna specifica dei membri del gruppo, né chi ha diretto o finanziato l’operazione. Le fonti si sono rifiutate di rivelare la natura delle informazioni, come sono state ottenute, e qualsiasi altro dettaglio sulla solidità delle prove contenute in questo rapporto.

   

Al momento si sa solo che non è possibile arrivare a conclusioni definitive, ma viene lasciata aperta la possibilità che l’operazione possa essere stata condotta da una forza con collegamenti nel governo ucraino o con i suoi servizi di sicurezza, agendo per procura in maniera del tutto clandestina. I funzionari affermano di non avere prove di un coinvolgimento diretto di Volodymyr Zelensky o delle persone a lui più vicine, né che l’azione sia stata coordinata da esponenti del governo ucraino.

   

L’attacco ai gasdotti che collegano direttamente la Russia alla Germania è stata fonte di molte speculazioni sul colpevole: sono stati i russi, sono stati gli ucraini, gli inglesi, gli americani. Le indagini hanno permesso di ricostruire alcuni aspetti tecnici dell’accaduto, ma senza identificare i colpevoli né altri elementi significativi per ricostruire l’operazione, che rimane un mistero.

    

Dal punto di vista operativo i Nord Stream sono stati messi fuori uso con tre esplosioni provocate direttamente sulla superficie dei gasdotti posati sul fondale del Mar Baltico, vicino all’isola danese di Bornholm. Un’azione sofisticata, messa in atto da persone dotate di una preparazione di primo livello che fa pensare o a un’azione pianificata da un attore statuale, o comunque da personale con addestramento militare.

   

L’articolo del New York Times sottolinea che secondo i funzionari l’eventuale coinvolgimento ucraino, diretto o indiretto, potrebbe sconvolgere il delicato rapporto tra Ucraina e Germania, “inasprendo il sostegno dell’opinione pubblica tedesca, che ha dovuto ingoiare gli alti prezzi dell’energia in nome della solidarietà”. Risulta bizzarro però che il rapporto non menzioni che la Russia a settembre aveva già interrotto i rifornimenti del Nord Stream 1 (oltre altre rotte di rifornimento verso l’Europa), mentre il Nord Stream 2 non era mai entrato in funzione. Inoltre, le esplosioni non hanno provocato nessun rialzo dei prezzi del gas, né influito sulle quotazioni dei mesi successivi. Dal punto di vista della sicurezza delle forniture non hanno avuto praticamente nessun effetto.

  

All’epoca il prezzo del gas in Europa era a 182 euro per megawattora, nei giorni e nei mesi successivi è continuato a scendere fino ad arrivare ai 43 euro di questi giorni, senza mai riavvicinarsi a quella cifra (un rialzo c’è stato solo a dicembre, ma fino a 145 dollari). In realtà, a causare il picco dei prezzi dell’anno scorso, è stato il taglio delle forniture russe, ancor prima del sabotaggio ai Nord Stream, e il prezzo è iniziato a scendere subito dopo per via della capacità dei paesi europei di trovare forniture alternative.

  

Adesso è la Russia che, dopo aver fallito nel tentativo di usare le esportazioni di energia come arma di ricatto, sta cercando di riaprire i flussi di gas verso l’Europa. Per farlo ci sono i gasdotti che attraversano l’Ucraina, che Gazprom ha riportato a pieno regime proprio in questi giorni, in quello che forse è un tentativo di riproporsi come un fornitore affidabile. Ma è difficile che ciò accada: a distruggere i legami energetici tra la Russia e l’Europa non è stato il sabotaggio del Nord Stream, ma l’invasione dell’Ucraina.
 

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