Emmanuel Macron (Ansa)

, la strategia diplomatica

Macron apre il suo giro d'Africa per contrastare l'influenza di Mosca

Mauro Zanon

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e gli uomini della Wagner alimentano l’idea della “mentalità coloniale” della Francia. Un esperto ci spiega la nuova strategia del capo dell’Eliseo

Parigi. La scelta della salle des fêtes non è stata casuale: all’Eliseo, è la sala dei grandi discorsi di politica nazionale e internazionale. E lunedì, davanti ai giornalisti accreditati, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha presentato le linee guida di uno dei cantieri più importanti del secondo quinquennio: la nuova politica africana della Francia, la strategia diplomatica attraverso cui Parigi punta a ridefinire i rapporti con l’Africa a breve, medio e lungo termine. “La Francia vuole costruire una nuova relazione equilibrata, reciproca e responsabile con il continente africano”, ha dichiarato Macron in apertura, sottolineando che il  modello di partnership si concentrerà meno sul lato militare e più su quello economico, culturale e sportivo, senza tuttavia dimenticare la questione securitaria.

“Il nostro modello non deve più essere quello di basi militari come quelle che esistono oggi: domani la nostra presenza passerà attraverso basi, scuole, accademie, che saranno gestite congiuntamente da personale francese e africano, e che potranno accogliere altri partner”, ha dettagliato il capo dello stato francese, evocando una “riduzione visibile nei prossimi mesi” degli effettivi francesi sul suolo africano e un “maggiore sforzo in termini di formazione e equipaggiamento”. “Non è un disimpegno, è un’africanizzazione di queste grandi basi”, ha precisato Macron, che oggi è atteso a Libreville, capitale del Gabon e prima tappa di una tournée africana (1-5 marzo) che comprenderà anche Angola, Congo e Repubblica democratica del Congo. 

 

Il discorso solenne di lunedì arriva dopo mesi di tergiversazioni attorno alla riconfigurazione militare francese in Africa, la fine dell’operazione anti terrorismo Barkhane nel Sahel e il ritiro forzato delle truppe dal Mali e dal Burkina Faso, paesi controllati da giunte militari dove regna un sentimento di ostilità nei confronti di Parigi alimentato dalla propaganda russa. A questo proposito, Macron ha detto che “la Francia è il capro espiatorio ideale” in Africa, “ma non era il ruolo dei nostri soldati apportare risposte politiche”.

Poi, senza citarli, ha preso di mira la Russia e i mercenari del gruppo Wagner, vicini al Cremlino, dispiegati nella Repubblica centrafricana e in Mali. “Molti vorrebbero incitarci a entrare in una competizione che considero anacronistica”, ha detto, mettendo in guardia gli stati africani che ricorrono ai contractor russi di Wagner, “un gruppo di mercenari criminali, l’assicurazione sulla vita dei regimi morenti e golpisti”. Per l’inquilino dell’Eliseo, insomma, è necessario cambiare approccio nei confronti dell’Africa, stringere una partnership paritetica e smetterla di considerarla “il giardino della Francia”. “Sono griglie di lettura che appartengono al passato. Quell’epoca è finita”. “Quell’epoca” cui fa riferimento Macron è l’epoca della Françafrique. 

 

“Nel famoso discorso di Ouagadougou del 2017, tenuto all’Università Joseph Ki-Zerbo in un’aula piena di giovani africani, era già presente la determinazione a voltare la pagina della ‘Françafrique’ – spiega al Foglio Christophe Châtelot, giornalista del Monde specialista di Africa – Da allora, ci sono stati passi in avanti soprattutto sul piano della memoria, in particolare in Ruanda, con il riconoscimento della responsabilità della Francia e l’apertura degli archivi a ventisette anni dal genocidio. Un lavoro simile è in corso in Camerun. Ma la volontà, da parte di Macron, di chiudere i conti con la ‘Françafrique’ di punto in bianco si scontra con l’ondata di movimenti nazionalisti che si sta abbattendo sul continente africano, movimenti che soffiano sul sentimento anti francese facendo leva sul passato coloniale”.

 

A inasprire il sentimento di ostilità nei confronti di Parigi ha contribuito la Russia di Vladimir Putin: sia attraverso le vie ufficiali, con le recente tournée africana del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, che ha accusato la Francia di “intervenire negli affari interni dei paesi africani”, di avere ancora “una mentalità coloniale” e di portare avanti “la strategia del ‘dividi et impera’”, sia attraverso Wagner e la sua propaganda sui social. “Da una parte ci sono i mercenari di Evgeni Prigozhin, pilotati da Mosca, dall’altra la diplomazia ufficiale della Russia che è più vasta, istituzionalizzata. Lavrov, per ingraziarsi gli stati africani, insiste molto sul passato coloniale francese, affermando che Mosca, a differenza, di Parigi, non li ha mai colonizzati”, spiega Châtelot.

 

Contrastare nell’immediato l’influenza della Russia e di Wagner nelle ex colonie francesi “significherebbe entrare in una partita di ping pong dove i partecipanti non giocano con le stesse regole”, dice Châtelot. “Come ha detto Macron, in termini di propaganda e presenza militare, l’Africa non deve essere un terreno di competizione e per recuperare la fiducia degli africani, a partire dai giovani, ci vuole un lavoro a medio lungo termine. In compenso, la Francia ha degli interessi da difendere, sia economici che di influenza culturale”, sottolinea il giornalista del Monde. Tra i progetti annunciati dal presidente francese nel suo discorso, c’è “Choose Africa 2”, un programma economico volto a moltiplicare gli investimenti francesi nelle start-up di diversi paesi africani. Oggi, a Libreville, Macron parteciperà all’One Forest Summit, vertice consacrato alla preservazione e alla valorizzazione delle foreste del bacino del Congo, il cuore verde dell’Africa.