I compagni di Mosca

A chi si appoggia il Cremlino per continuare la guerra

Micol Flammini

Putin pensa alle prossime priorità, (mobilitazione e la protezione delle strutture strategiche in Russia) e deve scegliere tra falchi e falchissimi. Per ora fa il pendolo e parla ai suoi "compagni" dell'Fsb

Vladimir Putin oggi è tornato a casa, al Palazzo della Lubjanka, dove ha parlato davanti agli uomini dell’Fsb, i suoi colleghi. Ha esordito chiamandoli “compagni ufficiali” e ha proseguito con un bilancio del 2022 e le prospettive del 2023. Ha chiesto di lavorare per fermare la  diffusione di idee in grado di  dividere la società; di prestare attenzione alla sicurezza economica  e di rafforzare il controllo delle infrastrutture critiche, imprese del complesso militare, industriale, energetico. Quest’ultima richiesta risponde a una preoccupazione crescente: fermare i sabotaggi  sempre più in profondità nel territorio russo, dove sono stati colpiti aeroporti, depositi di armi e di combustibile. Mosca   sente venir meno il mito  dell’impenetrabilità del suo territorio e anche di quello del suo vicino e amico, la Bielorussia. 

Vicino Minsk un gruppo di partigiani ha colpito un aereo strategico russo, un Beriev A-50, usato per la sorveglianza mentre oggi, secondo il governatore dell’oblast di Mosca, un drone si è schiantato vicino a una struttura di Gazprom, la multinazionale dell’energia controllata dal governo. 

C’è un’altra questione che la Russia, intenzionata a fare la guerra contro l’Ucraina senza limiti di tempo, vuole  risolvere: rifornire di uomini il suo esercito. Vulnerabilità del territorio e mobilitazione sono anche le due questioni che agitano i falchi e i falchissimi attorno a Putin, abituato ad appoggiarsi una volta agli uni, una volta agli altri, a seconda della convenienza. Prima del 21 settembre 2022, quando è stata annunciata la mobilitazione di parte della popolazione, il presidente russo aveva preferito appoggiarsi non soltanto alla Wagner, la compagnia di mercenari guidata da Evgeni Prigozhin, ma anche  ad ambienti estremisti che su canali telegram da un lato accusavano il Cremlino di un approccio troppo morbido nei confronti della guerra e dall’altro erano e sono in grado di attrarre gruppi di ultranazionalisti, pronti ad andare in Ucraina a vendicare la Russia. Per alcuni mesi, Putin aveva anche accettato le critiche da parte di questi ambienti, che non si sono mai spinti fino a criticare il presidente in persona, piuttosto ad accusare il ministero della Difesa russo. La Difesa e lo stato maggiore russi invece insistevano da tempo perché il presidente desse inizio alla mobilitazione per rimpiazzare le perdite che l’esercito ha subìto dall’inizio. La quantità di uomini con cui la Russia ha attaccato l’Ucraina non era comunque sufficiente per un’invasione su vasta scala e le perdite di soldati esperti nelle prime battaglie  hanno peggiorato la situazione. Il presidente russo aveva comunque preferito appoggiarsi ai falchissimi, gli agitati e gli agitatori su Telegram,  per reclutare nuovi uomini che però  avrebbero ricevuto un addestramento insufficiente. 

 

Fu a inizio settembre, dopo la controffensiva ucraina nella parte orientale del paese, che il presidente russo cambiò  idea: i racconti degli uomini di Mosca in fuga disordinata lo hanno convinto che i rifornimenti di soldati  sul campo dovevano essere gestiti in modo più centrale, istituzionale e continuativo, come soltanto il ministero della Difesa poteva garantire. In quei giorni diede però  il mandato a Prigozhin di cercare nuove reclute, consapevole che mentre i mobilitati, i mobiki, venivano addestrati, sul campo di battaglia la Russia non poteva rimanere sguarnita. Prigozhin procedette così ad arruolare nella sua compagnia i carcerati e di quell’iniziativa è rimasto celebre un video: lui  nel cortile di una prigione che arringa i suoi nuovi uomini. Una volta però  concluso  l’addestramento dei mobilitati, Putin ha deciso di rimettere in ordine la linea di comando, consentendo al ministero della Difesa di   ristabilire il suo primato sulle altre formazioni presenti in campo anche attraverso la nomina di Valeri Gerasimov, capo di stato maggiore, a capo delle operazioni in Ucraina: anche Gerasimov era stato più volte attaccato da Prigozhin e dai falchissimi. E’ stato il centro studi Isw a ricostruire questo gioco tra le sponde della guerra e il think tank ha anche raccontato come il ministero della Difesa si stia imponendo per rimpicciolire le capacità militari della Wagner, impedendo anche la possibilità di ottenere aiuto dagli arsenali statali. Prigozhin si è lamentato, ha denunciato le grosse perdite, è diventato sempre più innominabile, ma questo non vuol dire che lo rimarrà a lungo. Il ricco capo dei mercenari ha denunciato che per lui è diventato difficile reclutare, le perdite a Bakhmut per la sua compagnia sono  altissime e non ha possibilità di ricambiare le forze anche perché le agenzie a cui si affidava non vogliono più collaborare con lui. 

 

Sono le fasi della guerra a determinare a chi si affida il presidente russo e non è detto che con le sue fucine di mercenari abbia chiuso: la Russia, se vuole ancora la guerra, continuerà ad avere  bisogno di uomini da mandare al fronte. 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.