(foto Ap)

La rinunzia della premier neozelandese Jacinda Ardern ci fa ripensare a Brecht

Giuliano Ferrara

Traslando una delle frasi più celebri dell'intellettuale tedesco: beati gli eroi che non hanno bisogno del popolo. Ecco perché la decisione della leader neozelandese è da rispettare

Andarsene, volare via al tempo giusto, nuovo nido, nuovo mondo psicologico e morale, che poi tutto è in quel “giusto” così difficile a capirsi, è una necessità ma anche un’arte da apprendere e applicare, ingravescente aetate oppure perché si è esausti, come la stupenda Jacinda Ardern, ma non tanto da non imbarcarsi in un matrimonio che può essere un sollievo gravoso, oppure ancora perché si sente nel pneuma, nello spirito, nell’aria che si respira l’occasione per una staffetta, lo spunto per un tempo migliore di accucciamento e riflessione, riacciuffare con slancio la perdita di energia e realizzare il poco delle tante cose perdute nella responsabilità adulta e nel suo ritmo ossessivo, rimbambinire, come si dice in Toscana, rifarsi da vecchi un pezzettino della gioventù trascorsa. Dei segni sociali, quello dell’Aussteigen, dello scendere (in corsa), del cambiare il modulo della vita attiva, includendovi la passività della rinuncia, è tra i più degni di essere osservati.

 

Nel linguaggio comune impieghiamo, più o meno come sinonimo di resistenza, il termine resilienza, e lo facciamo con una tigna generica, un’insistenza sospetta, una monotona ripetitività, è una di quelle scorpacciate lessicali difficili da digerire. Come ha ricordato Pierluigi Battista a proposito dei suoi guai, con delicatezza, indispone in certi casi l’appello alla lotta, al combattimento, che è cosa diversa dal tentativo di lenire le ovvie fragilità del carattere, è una specie di tiritera nel segno talvolta irrazionale del superomismo. Certi titanismi offendono le sottigliezze dell’eroismo personale, del perseverare non diabolico, tutte cose che vivono nascoste in certi anfratti bellissimi della personalità, si nutrono di una sontuosa percezione del possibile, perfino del miracoloso, ma non tollerano di divenire codice etico. Ieri è stato un Papa vecchio, anagraficamente il regnante quasi più vecchio da tempi lunghi della storia della Chiesa, a dirci la rinunzia addirittura in latino, che impressione, che effetto, che protocollo. C’è stato il caso di Federer, ma una farfalla elegante ha smesso di volare a un’età ragguardevole per un campione sportivo, il ritiro era nel confine scritto e non scritto della biologia del tennis e di altri combattimenti collettivi o individuali. C’è uno scozzese di trentacinque anni, vecchia gloria di Wimbledon, Sir Andy Murray, che gioca ancora e vince partite di quattro e cinque ore e mezzo con un’anca artificiale, camminando come una papera.

 

Ora è una giovane donna, e molto bella, controversa nelle scelte e nella impostazione ideologica, ma trasparente nello sguardo, una di una filiera di governanti femmine che sembra avere da dire, e non poco, nel mondo autocratico di tipo maschile che prevale e domina sicuro il teatro contemporaneo. Dispiace che la Ardern se ne vada, e non consola l’idea che non dovrà affrontare un calo di popolarità e si risparmierà la pugna elettorale in un momento per lei difficile. La motivazione è da rispettare. Uno o una a un certo punto può sentire di non farcela più, e delle regole di una democrazia liberale consapevole fanno parte anche questa libertà e opportunità di scelta sempre aperte per tutti, sebbene poco praticate. Come intellettuale, Brecht poteva essere antipatico, almeno secondo il ritratto immortale che ne disegnò il grande e compianto Paul Johnson. Ma una cosa piena di fascino e di cristallina chiarezza, significativa e definitiva, immediatamente autoesplicativa, l’ha detta, nella sua ambigua ideologia democratica e marxista: beato il popolo che non ha bisogno di eroi. Si può ora aggiungere: beati gli eroi che nonostante la patria o la nazione o il paese o il pubblico non hanno necessariamente bisogno del popolo.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.