editoriali
In Cina oltre il Covid l'altro guaio è il virus politico
Pechino riapre i confini e la propaganda parla già di discriminazione dell'occidente per nascondere i fallimenti della strategia zero Covid
"L’attuale situazione del Covid nel mondo continua a richiedere un approccio basato sulla scienza”, ha detto ieri il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin, a chi gli chiedeva di commentare la decisione del governo di Tokyo, che ha introdotto nuovamente un test molecolare obbligatorio per chi arriva dalla Cina e sbarca in Giappone. Eppure la Cina per tre anni ha mantenuto i suoi confini sigillati, in un approccio che a un certo punto è stato criticato perfino dall’Oms: la repressiva politica Zero Covid avrebbe potuto essere temporanea, ma non permanente, non senza un adeguato piano vaccinale. E’ durata tre anni. La notizia della riapertura dei confini a partire dall’8 gennaio, e della relativa declassificazione del virus Sars-Cov-2 ad altri meno pericolosi, ieri ha fatto il giro del mondo, e mentre da Pechino si aspettavano festeggiamenti, molti paesi, compresa l’Italia, hanno innalzato le misure di sicurezza per chi arriva dalla Cina. Perché nel frattempo le notizie dal paese sono drammatiche: negli ospedali il numero di pazienti è sei, sette volte oltre il normale, le agenzie funebri lavorano senza sosta.
La propaganda cinese già parla di politicizzazione del virus: “Il successo della Cina nella lotta all’epidemia negli ultimi tre anni è stato apprezzato da persone lungimiranti sia in patria sia all’estero. Gli Stati Uniti e l’occidente sono molto invidiosi per questo, e temono che il prestigio internazionale della Cina superi il loro”, si legge sul Global Times. Nel trattare il virus, quasi tutti i paesi occidentali hanno fatto errori, aggiustando nel tempo le misure di controllo e cercando il giusto equilibrio tra libertà e doveri collettivi. Il fallimento della leadership cinese è stato quello di non aver saputo cercare quell’equilibrio: Pechino ha solo aumentato il controllo repressivo con un approccio politico, e non scientifico, per esempio sui vaccini occidentali. A subirne le conseguenze, come sempre, sono i normali cittadini cinesi, e soprattutto quelli che non possono permettersi un viaggio all’estero per ricevere un vaccino Pfizer o Moderna.
Isteria migratoria