Foto di Francois Mori, AP Photo, via LaPresse 

I problemi della Nupes

Il disastro di Mélenchon, da promessa della gauche a distruttore

Mauro Zanon

La deriva della coalizione delle sinistre francesi. Il caso Quatennens, condannato per violenze domestiche e ancora al suo posto. E i dissidi interni, dai litigi sui nomi ai dissidi ideologici come quello sulla Tav

Parigi. Fra qualche decennio, la Nouvelle union populaire écologique et sociale (Nupes), ossia la coalizione delle sinistre francesi guidata dal tribuno Jean-Luc Mélenchon, diventerà “un caso da studiare a Sciences Po”, assicura Libération. Ma non come un modello da seguire, anzi, proprio il contrario: per capire cosa non bisogna fare per sgretolare in una manciata di settimane un progetto politico ambizioso e aggregante, che ha avuto bisogno di anni per concretizzarsi.

 

Sei mesi dopo quella che molti presentavano come l’alba di una nuova sinistra, Mélenchon si trova di fronte a una crisi senza precedenti del suo partito, la France insoumise (Lfi), che della Nupes è la colonna portante. Le ragioni di questa crisi sono molteplici, ma la principale è da rintracciare nello spinoso caso Quatennens, dal nome dello scudiero di Mélenchon, condannato lo scorso 13 dicembre a quattro mesi di prigione (con la condizionale) per violenze domestiche e stalking ai danni dell’ex compagna, ma ancora saldo al suo posto di deputato per volere del padre padrone di Lfi.

 

Quatennens, infatti, rientrerà all’Assemblea nazionale già a gennaio, dopo soltanto quattro mesi di sospensione dal suo ruolo: un’esclusione temporanea che ha fatto urlare centinaia di militanti Insoumis e della Nupes. Ieri, sul Monde, alcuni di loro hanno firmato una lettera aperta per denunciare la decisione di non allontanare il braccio destro di Mélenchon. “Noi, membri della France insoumise e della Nupes, chiediamo l’esclusione di Adrien Quatennens”, si legge nella petizione. “Invitiamo le militanti e i militanti alla ribellione”, hanno aggiunto i firmatari, denunciando “un sistema verticale che privilegia la protezione dei quadri dirigenziali a discapito dei militanti e dei programmi. Chiediamo una democrazia interna più giusta dove i rappresentanti saranno nominati e legittimati dai militanti e non solo dal cerchio ristretto della direzione nazionale. Mettete in pratica le vostre promesse, agite: sì, la sfera privata è una questione politica, non c’è spazio per nessun aggressore nei nostri partiti, nelle nostre organizzazioni, nelle nostre istituzioni, nelle nostre assemblee”.

 

Quatennens è la punta dell’iceberg, ma il problema, in realtà, è  più profondo e strutturale, riguarda l’intero funzionamento del partito e la deriva personalistica della leadership di Mélenchon. 
Lo scorso 10 dicembre sono stati nominati i nuovi membri della direzione di Lfi, a partire dal nuovo capo, Manuel Bompard, ma la scelta, come denunciato dalla deputata Clémentine Autain in un’intervista su Libération, è avvenuta “per cooptazione”. “Ciò favorisce i cortigiani e contribuisce a mettere a tacere le critiche. Non è stato fatto nessuno sforzo di pluralismo nella composizione della direzione”, ha detto Autain: “Sono d’accordo sull’idea di non riprodurre le battaglie dei congressi dei partiti classici, ma non marginalizzando quelli che hanno opinioni diverse dall’attuale nucleo dirigenziale”.

 

Autain è uno dei volti della dissidenza all’interno di Lfi, assieme a François Ruffin, Alexis Corbière e Raquel Garrido. Ma con la nuova direzione di Manuel Bompard questa dissidenza non ha più voce in capitolo: perché sono stati tutti demansionati, tanto che alcuni parlano di “purghe”. Su France Inter, Bompard ha respinto le accuse di “pensiero unico mélenchonista” e di partito sull’orlo dell’implosione.

 

“Il mio problema oggi non è Clémentine Autain o Franços Ruffin, il mio problema sono Emmanuel Macron e l’estrema destra (…). Il mio ruolo è quello di garantire la nostra unità, di assicurare il lavoro di sviluppo del nostro movimento e non certo di decidere nel 2022 chi sarà il prossimo candidato alle elezioni presidenziali del 2027”. Ruffin, uno dei deputati più amati dai militanti Insoumis, giornalista, regista e voce della Francia periferica, ha manifestato su Lci la sua tristezza per un partito che, “invece di allagarsi, si restringe”.

 

Ci sono poi i problemi di ordine ideologico tra Lfi e gli altri membri della Nupes, che rendono fragile la tenuta della coalizione. Su un dossier centrale come l’alta velocità Lione-Torino, per esempio, il Pcf guidato da Fabien Roussel ha presentato lo scorso ottobre una proposta di risoluzione all’Assemblea nazionale, sottolineando tutti i lati positivi del progetto, mentre i Verdi francesi (Eelv), a cadenza settimanale, firmano petizioni e appelli per denunciarne il potenziale “disastro ecologico”. All’interno di Lfi, c’è chi è d’accordo con il Pcf, e chi, invece, come il deputato Gabriel Amard, denuncia il “non-rispetto dei diritti dell’acqua” all’origine della Tav.

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