Foto di Mikhael Klimentyev, Sputnik, via Ansa 

involuzione democratica

Il meteo speciale di Putin. La conferenza di Mosca del 2003 sul climate change

Franco Prodi

L'incontro sui cambiamenti climatici nella capitale russa e il discorso del presidente. Diceva di non voler lasciar solo l'occidente e chiarire le basi scientifiche del problema. Ma del meeting non c'è più traccia

Nella mia vita di ricercatore in fisica dell’atmosfera, meteorologia e climatologia ho avuto modo di conoscere molte vicende mondiali attraverso la conoscenza diretta e la frequentazione degli scienziati dei diversi paesi. Ci sono infatti problemi, e l’organizzazione della meteorologia mondiale è fra questi, che impongono il dialogo, e conseguenti accordi e regolamenti, perché tutto possa funzionare bene, anche se alcuni paesi appartengono al mondo tecnologicamente avanzato e prospero e altri sono invece nel sottosviluppo e nell’indigenza. L’osservazione del mondo da questo punto di vista può dare indicazioni utili anche alla grande politica. L’Organizzazione mondiale della meteorologia (Omm in francese, Wmo in inglese) delle Nazioni Unite è deputata al raggiungimento di questa necessaria omogeneizzazione dei diversi servizi meteorologici nazionali. Attraverso la mia esperienza personale e diretta, in queste righe vorrei dare un’idea, anche se solo a grandi linee, di come è evoluta in questi aspetti la situazione della Russia e dei paesi nella sua orbita e magari trarre qualche suggerimento per sbloccare la terribile situazione di sofferenza che la guerra della Russia sta recando al popolo ucraino e in subordine per porre un termine allo scossone all’ordine mondiale che la stessa guerra sta producendo.

 

Fui invitato nel 1972 in Georgia, a Tbilisi e nella valle dell’Alazani, per discutere con gli scienziati dell’Urss di ricerche sulla grandine. È noto che la grandine colpisce duro dove c’è il vino, dove sono i vigneti: Valle Padana, Francia centro-meridionale, Ungheria, Argentina (Mendoza) etc. I fisici che studiano la grandine in Urss sono per la gran parte georgiani, lo si capisce anche dal cognome (Sulakvelidze, Kartzivadze…); loro conoscono il mio lavoro e io il loro, attraverso le conferenze internazionali di fisica delle nubi. La stima è reciproca. Ma loro operano in grande, possono usare batterie militari di missili (Oblako, Alazani) nei quali sostituiscono al tritolo le sostanze nucleanti da disseminare durante il loro tragitto entro la nube temporalesca, guidati dal radar meteorologico. In occidente a quel tempo non c’era nulla di quella portata, solo esperimenti con osservazioni integrate in campo. Visito i vigneti, in capo a ogni filare in alternanza un cespuglio di rose e un ritratto di Stalin, un cespuglio di rose e un ritratto di Stalin, anche se lui è morto ormai nel lontano 1953. Stalin com’è noto, era georgiano. Piena centralizzazione del potere e della organizzazione della scienza in Urss.

 

Facciamo ora un salto di trent’anni, al 2003. Sono nominato membro del Comitato scientifico internazionale della prima, e unica, Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici di Mosca, voluta da Vladimir Putin poco dopo la sua nomina a presidente della Federazione russa. Allora ero direttore dell’Isac (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima) del Cnr, ma credo che la nomina mi fosse pervenuta in qualità di membro della Commissione internazionale di fisica delle nubi (Iccp) della Iamap (International Association of Meteorolology and Atmospheric Physics). Fu così che mi recai a Mosca un paio di volte per la convocazione del Comitato scientifico per organizzare la conferenza e poi per la partecipazione alla conferenza stessa. Di quell’esperienza ho vivissimi ricordi, di come l’organizzazione della meteorologia russa nella Federazione fosse rimasta quella dell’Urss, compreso il direttore del Servizio meteorologico, dal fisico corpulento alla Eltsin, e come lui incline alla vodka (alle cene ufficiali i brindisi erano frequenti…). I colleghi membri erano personalità interessanti, ricordo con simpatia il delegato dell’Egitto che da giovane era stato ministro di Nasser e mi parlava della sua esperienza, e ricordo la perfetta organizzazione della conferenza.

 

Lavorammo alacremente alla parte scientifica che fu un vero successo. Con momenti di grande interesse, come la visita che ci organizzarono alla città dello spazio nella foresta, a un centinaio di chilometri da Mosca, in disarmo ma non in abbandono completo, dopo i fasti della conquista dello spazio. E ricordo pure un episodio spassoso e quasi pruriginoso, uno scherzo ben riuscito dell’ambasciatore, in ambasciata d’Italia. “Vi faccio vedere il trono che fu preparato per la visita del re Vittorio Emanuele III in Russia nel 1902”. Entriamo nella sala del trono e vediamo un fuggi fuggi di modelle seminude di fantastica bellezza. Erano le modelle della gioielleria Damiani che si preparavano per la sfilata della famosa casa, in ambasciata. L’ambasciatore, briccone assai, sapeva, e con la scusa del trono del re…

 

Ma ovviamente il clou della Conferenza fu un discorso di Putin, un discorso pieno di energia e di buon senso. In sostanza affermava di non volere lasciare solo l’occidente e l’Ipcc a occuparsi di cambiamenti climatici, e che aveva voluto quella conferenza per chiarire le basi scientifiche del problema e verificare le conseguenze nella politica mondiale. Ripensando a quell’importante evento e a quanto è successo dopo, e al privilegio di esserne stato insieme protagonista come organizzatore, scienziato nella presentazione della mia comunicazione e osservatore del tutto, la mia prima considerazione è sulla legittimità della rivendicazione di Putin di essere un protagonista della politica mondiale con una Federazione russa che si presentava nell’arena come continuatrice dell’Urss. Devo dire che ne aveva allora pieno titolo sia per il prestigio scientifico della Federazione che per la critica all’Ipcc e alle sue Cop (Conferences of parties) che l’occidente aveva innescato e conduceva indipendentemente. Chi ha seguito le mie critiche all’Ipcc e alla bufala mondiale del 98 per cento della responsabilità antropica nel riscaldamento globale può capire quanto fosse comprensibile il suo proposito di porre la Federazione russa di nuovo nella posizione di protagonista nel mondo. Ebbene di quella conferenza non è rimasta a mia conoscenza nessuna traccia. Ho cercato invano in internet con le più idonee parole chiave. 

 

Quello che da allora è successo è ben chiaro, che Putin con la sua controfigura – in alternanza, da presidente e da primo ministro – Medvedev ha progressivamente chiuso il suo paese a una vita decentemente democratica, si è progressivamente avviato verso l’attuale paranoia, combinazione di mania di grandezza e mania di persecuzione (è opinione di illustri psichiatri) nella quale si trascina dietro gran parte del suo popolo, mentre la parte critica, colta e sensibile, fugge dal paese e sofferenze indicibili vengono inferte al popolo ucraino con la cosiddetta operazione speciale, atroce guerra piena di dolori, della quale non si vede la fine. Voglio dire tuttavia che anche gli Stati Uniti non stanno rispondendo nel modo più efficace per raggiungere il cessate il fuoco e la pace quando continuano a parlare di confronto fra nazioni (pensano al confronto con la Cina). Quando questo confronto è portato avanti da militari c’è di che preoccuparsi, è un pessimo indizio. Sappiamo come vanno a finire queste cose.

Di più su questi argomenti: