I pasdaran ci studiano

In cambio dei droni, i russi spediscono in Iran le armi occidentali catturate in Ucraina

Cecilia Sala

Tra Kyiv, Mosca e Teheran. Missili di precisione e giochi scivolosi con la diplomazia della Repubblica islamica

Il capo del Consiglio di sicurezza russo è andato a trovare il suo omologo a Teheran. Poche ore prima avevamo scoperto che – oltre a 140 milioni di euro – i russi hanno pagato i droni iraniani Shahed spedendo a Teheran una “selezione” di armi inglesi e americane che hanno catturato sul campo negli ultimi mesi di guerra in Ucraina. Sono armi che la Repubblica islamica non conosceva e che adesso può studiare, con tre obiettivi: provare a imitarle, scoprire i punti deboli per progettare sistemi capaci di distruggerle, imparare a difendersi dai colpi che sparano. Uno scenario come questo è esattamente il motivo per cui Israele non ha mai mandato aiuti militari a Kyiv.

 

Un aereo da trasporto di Mosca è partito nella notte ed è atterrato all’aeroporto internazionale di Teheran all’alba del 20 agosto. Il carico erano delle scatole con dentro i milioni in contanti e poi degli Nlaw, i missili spalleggiabili anti carro inglesi, oltre agli omologhi americani Javelin e agli Stinger, che sono sempre prodotti negli Stati Uniti ma si usano contro gli aerei:  sono l’oggetto più interessante dei tre agli occhi dei pasdaran. 
I Guardiani della rivoluzione non temono attacchi di terra alla Repubblica islamica,  i pericoli semmai potrebbero essere  le bombe dal cielo: contro dei siti strategici come quelli dove si lavora alla tecnologia per il programma nucleare e alla progettazione di droni e missili balistici. I pasdaran sono bersagli esposti ai bombardamenti aerei nemici soprattutto all’estero, nei paesi della regione dove sono presenti le loro forze speciali Quds, come la Siria. 

 

Che oltre ai soldi ci fosse questa forma di baratto lo ha rivelato all’inglese Sky News una fonte  secondo la quale dobbiamo aspettarci che i pasdaran usino i metodi dell’ingegneria inversa per scoprire i segreti di fabbricazione di queste armi e poi “le utilizzi in guerre future”. L’Iran ha già mandato alla Russia almeno 160 droni ma, secondo la stessa fonte, ci sarebbe un accordo tra Mosca e Teheran per una nuova fornitura da  200 milioni di euro  concordata tra i due paesi solo pochi  giorni fa. Questa versione contraddice quello che il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Hossein Amir-Abdollahian, aveva detto sabato. Amir-Abdollahian  aveva ripetuto la posizione classica della diplomazia di Teheran: l’Iran vuole la fine della guerra, non sta con Vladimir Putin ma chiede a entrambe le parti di porre fine al conflitto, e dice che l’aggressione deve fermarsi ma anche che chi l’avrebbe provocata (la Nato) deve concedere qualcosa al Cremlino. Ma poi  il ministro aveva parlato   (per la prima volta) dei droni dati a Mosca, dicendo che si trattava di un accordo per la fornitura di armi sottoscritto prima del 24 febbraio, il primo giorno dell’invasione. Effettivamente gli analisti militari che si occupano di Iran parlavano di una partita di droni da vendere a Putin già prima della guerra. 

 

L’ultima dichiarazione di Amir-Abdollahian è anche la più interessante: l’Iran ha spedito i droni sulla base di un accordo preesistente, ma un accordo sui missili (di cui Putin avrebbe un gran bisogno) non c’era e non c’è, quindi non li manderemo. Il ministro degli Esteri ha fatto un passo in più, si è appellato al presidente ucraino Zelensky e gli ha chiesto, nel caso lui avesse le prove del contrario, di dargliele. Ha deciso di esporsi e sa che, se poi quel carico di missili iraniani decollerà effettivamente per la Russia, lui farà la figura di quello tagliato fuori dai giochi.

 

Forse è per questo che, nonostante il veto di Germania e Stati Uniti, gli ucraini volevano che una loro delegazione incontrasse una delegazione iraniana in un paese europeo.  Kyiv annusa  le spaccature che attraversano la Repubblica islamica e forse vuole provare a  sfruttarle  a proprio vantaggio, per esempio per avere informazioni in anticipo su questioni sensibili  come l’invio di missili di precisione, che cambierebbero la guerra. Ma è un gioco scivoloso.