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al ballottaggio

Bolsonaro ha costruito un suo popolo più radicato di quanto sembri

Maurizio Stefanini

Con Lula era cresciuta quella classe sociale costituita da aristocrazie operaie e basso ceto medio in cui ormai viene contato almeno un centinaio di milioni di brasiliani, e nella quale il presidente uscente è sempre più egemone. Ma chi è a votarlo?

Domenica in Brasile c’è il ballottagio e l’attuale presidente Jair Bolsonaro spera sempre più che il suo “popolo” possa condurlo a quella che sarebbe una clamorosa riconferma. E’ un “popolo” che il 3 ottobre ha portato già i partiti della sua coalizione a un  successo nel voto per deputati, senatori e governatori, che riempie i suoi comizi, e che secondo i sociologi è sempre più radicato nella società. Il popolo di Bolsonaro è fatto di militari, poliziotti, possessori di armi, adepti di un settore in rapida ascesa come le congregazioni evangeliche,  potenti imprenditori di quell’agrobusiness che fa il 30 per cento del pil del paese. Ma anche di  una generazione di giovani influencer su YouTube. E di una massa di lavoratori informali che vogliono essere “imprenditori di sé stessi” e sperano nella promessa di Bolsonaro di tagliare le tasse, ma al contempo sono stati spesso tra i principali beneficiari della decisione di raddoppiare quella versione brasiliana del reddito di cittadinanza che era stata ereditata da Luiz Inácio Lula da Silva, l’ex presidente e sfidante al ballottaggio. Proprio con Lula era cresciuta quella classe sociale costituita da aristocrazie operaie e basso ceto medio in cui ormai viene contato almeno un centinaio di milioni di brasiliani, e nella quale Bolsonaro è sempre più egemone. Il tutto è poi amalgamato con una retorica anti-establishment che prende come bersaglio una sinistra tacciata di avere dimenticato le masse, cosa finora inedita in America Latina. Peraltro, con un pil in crescita del 2,8 per cento, investimenti stranieri che in un anno sono saliti da 50 a 74 miliardi di dollari, l’inflazione scesa dal 12 per cento di aprile al 7,1 di settembre, il presidente in carica può sostenere che le sue ricette economiche funzionano.

   

Una delle prima battaglie della nuova maggioranza alla Camera è una legge che vuole punire penalmente le agenzie demoscopiche che sbaglino il risultato elettorale: oggetto anche di indagini di ministero della Giustizia e agenzia federale antimonopolio. Subito il giudice del Supremo Tribunale federale e direttore del tribunale elettorale Alexandre de Moraes ha ordinato di sospenderle. Però ha a sua volta ordinato una indagine su Bolsonaro per possibile uso indebito del potere sulle agenzie federali, ha anche mandato in galera senza giudizio preventivo cinque persone per post sui social da lui considerati attacchi contro le istituzioni brasiliane, e giovedì scorso ha dato ai funzionari elettorali il potere di sospendere le piattaforme social che non obbediscano immediatamente all’ordine di rimuovere fake news.

  

Le rilevazioni fatte per il primo turno avevano dato a Bolsonaro il 36 per cento dei voti, cioè più di 7 punti in meno rispetto al 43,2 effettivamente ottenuto, e il presidente uscente ha avuto buoni argomenti per dire che era stato dipinto più debole allo scopo di scoraggiare il suo elettorato. Effettivamente poi le denunce di falsità e disinformazione sui social arrivate al tribunale elettorale sono aumentate del 1.671 per cento, rispetto al voto locale del 2020. Però i rilevatori hanno osservato come sono gli stessi elettori di Bolsonaro a nascondersi, per una proporzione che è stata stimata fino al 35 per cento degli intervistati. E le fake complottiste non sono messe in circolazione soltanto dai bolsonaristi: se Lula è stato accusato di aver fatto un patto col diavolo, voler chiudere le chiese e voler permettere ai maschi di usare gli stessi bagni delle femmine a scuola, al presidente in carica è stato dato del cannibale e del pedofilo.

 

Insomma, la scorrettezza è ovunque e c’è molta tensione, anche perché a un certo punto si è arrivati nelle rilevazioni a un pareggio tecnico: 49 a Lula e 45 a Bolsonaro. Poi c’è stato il caso di Roberto Jefferson, ex deputato  già alleato di Lula ma ora con Bolsoinaro, che Moraes aveva mandato ai domiciliari per aver violato un suo divieto di postare sui social dopo alcuni “attacchi a istituzioni”, che si è scontrato con la polizia, sparandole contro e lanciando  bombe a mano prima di arrendersi dopo otto ore e finire in  carcere. Due poliziotti sono rimasti feriti, il real ha perso il 2,5 per cento sul dollaro, e anche Lula nelle intenzioni di voto sembra aver recuperato. Gli ultimissimi sondaggi gli danno il 52 contro il 46,2 del presidente uscente, 5,8 punti di distacco. Ma il 3 ottobre Bolsonaro prese il 7,2 in più di quanto gli davano i sondaggi.   

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