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Una Russia nella Nato, i piani per il futuro del dissidente Ponomarev

Pietro Guastamacchia

“Qualcosa scricchiola nell’élite russa ed è solo una questione di tempo prima che si aprano vere lacerazioni”. Come sarà il dopo Putin, secondo l’unico deputato della Duma che nel 2014 votò contro l’annessione della Crimea

Strasburgo. Del dissidente, Ilya Ponomarev, oltre che lo sguardo ha soprattutto la biografia: l’unico deputato della Duma che nel 2014 votò contro l’annessione della Crimea alla Federazione russa. Nella vita è stato bambino prodigio dell’informatica sovietica negli anni della Perestroika, pioniere del capitalismo digitale negli anni novanta, spin doctor del Partito comunista della Federazione russa di Gennady Zyuganov nei primi anni duemila e infine deputato dell’opposizione. La sua esperienza alla Duma finì nel 2016 quando fu soggetto a impeachment con accusa di corruzione, la stessa che in quegli anni fu rivolta ad Alexei Navalny per escluderlo dalla corsa alle presidenziali. Oggi vive a Kyiv sotto protezione di servizi ucraini e da lì lavora al dopo Putin e alla Russia di domani come spiega nel suo libro “La storia di come la Russia diventa una democrazia dopo aver perso contro l’Ucraina”, appena pubblicato.

  

“Qualcosa scricchiola nell’élite russa ed è solo una questione di tempo prima che si aprano vere lacerazioni”, spiega al Foglio Ponomarev, “industriali e oligarchi che avevano pensato che se fossero rimasti fermi e immobili ad aspettare prima o poi la tempesta sarebbe passata, ora capiscono che se non fanno qualcosa loro, la  furia del vento voluto da Putin li travolgerà”. Paradossalmente uno dei motivi della loro immobilità però sono anche le sanzioni spiega Ponomarev, “il tipo di sanzioni prodotte dagli Stati Uniti e dall’Unione europea sono sanzioni a blocco, rendono cioè impossibile agire una volta colpiti. Si dovrebbe invece fornire una via d’uscita, ovvero immobilizzare i capitali e chiedere un’azione precisa per ottenerne lo sblocco” con queste sanzioni a ‘ganascia blocca ruota’ vedremmo molte più defezioni, secondo il politico. 

  

All’indomani dell’omicidio Dugina, Ponomarev ha detto di avere notizie sul fatto che dietro all’attentato si nascondesse una formazione per la lotta armata clandestina chiamata National republican army, ma molti hanno espressero i loro dubbi sull’esistenza stessa di questo gruppo. Oggi, alla luce della mobilitazione generale Ponomarev rilancia spiegando che l’invio delle cartoline ha segnato un evento nella storia della resistenza russa come per il nostro 8 settembre, “l’obbligo di andare al fronte ha messo i russi davanti alla scelta e nel paese sempre più giovani scelgono di combattere Putin nel fronte interno, rischiando spesso di perdere la vita”, spiega il dissidente che ha lanciato un notiziario video in lingua russa  su YouTube chiamato “La mattina di Febbraio ed il canale Telegram ‘Rospartizan’.

  

Per iniziare il suo progetto politico da Kyiv, Ponomarev ha voluto prima di tutto fare una pubblica ammissione di colpa. “L’opposizione russa ha fallito il suo ruolo storico e noi dobbiamo prima di tutto ammetterlo. Se siamo arrivati fino a qui, se gli ucraini devono pagare con il loro sangue il prezzo della nostra guerra di liberazione è perché quando era il  momento di farlo noi non abbiamo saputo attaccare il sistema di potere putiniano prima che divenisse inscalfibile”, spiega Ponomarev.

  

Il fallimento dell’opposizione infatti nascerebbe in quei primi anni duemila dove le promesse di democrazia e integrazione con l’occidente vennero rapidamente tradite e “la parola ‘democrazia’ e ‘liberale’ vennero associate nel lessico dei russi ‘caos’ e ‘traditore’. Questa modifica profonda del lessico politico russo è una ferita che rimarrà insanabile per generazioni”, racconta l’autore.

    

Ma come spiega il suo libro, Putin non è eterno e la costruzione della Russia di domani è già iniziata e “quello che l’Ue può fare per accelerare il progetto è continuare a sostenere Kyiv”, spiega Ponomarev.  Fatto questo però sarà necessaria una vera discussione sulla Russia del dopoguerra, “noi siamo pronti a morire per rovesciare Putin ma una volta per tutte dovete dirci cosa volete da noi. Che Russia hanno in mente a Washington e Bruxelles? una Russia democratica e unita o vogliono la disgregazione della federazione come la conosciamo oggi?”, taglia secco il dissidente ricordando gli approcci confusi e contraddittori degli ultimi anni. 

   

L’alternativa sarebbe quindi tra una Russia democratica e unita e la frammentazione con il conseguente caos e il pericolo di un arsenale nucleare alla deriva, “Anche su questo la Nato deve elaborare una strategia, io credo che non sia nell’interesse né dei russi né dell’occidente una Russia denuclearizzata perché lascerebbe il fianco scoperto alla Cina”, spiega Ponomarev, secondo cui il modo più rapido per mettere al sicuro l’arsenale nucleare di Mosca sta nascosto proprio in quei sogni infranti degli anni ‘90, “liberiamoci di Putin e fateci entrare nella Nato, così sarà tutto arsenale di una sola alleanza. Ci sarà una chiave a Mosca e una a Washington e così garantiremo la pace all’Europa e al mondo”.