Dylan Martinez/Pool Photo via AP 

Kwarteng e Truss contro i guru dell'economia. Che spettacolo a Londra

Giuliano Ferrara

Una strategia di bilancio fondata sul debito pubblico, un rilancio formidabile del liberismo. Forse è follia, o forse politica vera, lontana dall’opacità della nostra

Può darsi che Kwasi Kwarteng, il Cancelliere dello Scacchiere, e Liz Truss, la nuova premier conservatrice, siano due pazzi. Al governo da due settimane, hanno annunciato, senza attendere verifiche di organismi indipendenti e in opposizione ai rialzi dei tassi della Banca d’Inghilterra, un minibudget che tutti, loro compresi, considerano un passo gigantesco, senza precedenti dai primi anni Settanta, ben prima della famosa era Thatcher, verso l’indebitamento di stato per finanziare una possente riduzione di tasse e contributi, una poderosa catena di blocco ai prezzi dell’energia, e una politica di favore verso nuovi investimenti infrastrutturali, il tutto combinato con misure di deregulation, con l’abolizione dell’imposta di bollo sulle transazioni immobiliari e atti di incremento dell’offerta, a partire dai salari e dai redditi autonomi per finire con i bonus dei banchieri. Kwarteng lo ha detto spudoratamente e col sorriso sulle labbra, tra urla e schiamazzi che hanno preceduto la sferzante risposta del Cancelliere ombra del Labour: basta discutere della redistribuzione della ricchezza, ci vuole una politica pro business che aiuti lavoro, investimenti, consumi a garantire la crescita dell’economia, la creazione di ricchezza, altro che.

 

Fondare sul debito pubblico una simile strategia di bilancio, persuasi che sia l’unico modo per curare i balzi dell’inflazione, è una scommessa da brivido, e mentre la sterlina fa un nuovo tonfo si moltiplicano gli avvertimenti e i moniti dei guru socialisti e liberal che decretano totale sfiducia in questo rilancio formidabile delle linee guida del liberismo in economia.

         

Può darsi sia un accesso di follia ideologica, ma è lecito anche dubitarne. Colpisce, prima di ogni giudizio di merito, il metodo, il meccanismo per cui un governo, senza nemmeno un mandato elettorale ad hoc, un esecutivo che risulta da un congresso di iscritti al partito Tory, fa quel che ha detto di voler fare, lo fa in uno scontro parlamentare durissimo ma rispettoso, lo fa con chiarezza, in due settimane. Il Cancelliere ghanese figlio di immigrati ha un curriculum di economista e una gavetta ministeriale notevoli, direi impeccabili. Parla per venti minuti, prima di rispondere per un’ora e mezzo alle bordate dell’opposizione, e sciorina nel rettangolo magico di Westminster modi e tempi di una nuova rivoluzione dei criteri e dei fini della politica economica e fiscale annunciando il ritorno alla dottrina di von Hayek dopo dodici anni di stagnazione amministrati dagli stessi conservatori che ora rovesciano completamente la frittata e mostrano, sperando di ottenere risultati di crescita e risanamento nei diciotto mesi che li separano dalle elezioni. Chi li vede e ascolta ha la sensazione che la politica esista ancora, che abbia il valore di sempre, scelte che definiscono un’identità sociale e ideologica, una caratura politica e etica, un metodo di governo, e che mettono in discussione operativamente, da subito, e molto efficacemente, l’identità o profilo dei partiti in gara. Si sa di che cosa si tratta, non esiste la lingua di legno, la propaganda riscuote i suoi diritti ma nella chiarezza delle prospettive, e non a copertura e opacizzazione della verità delle cose. C’è da augurarsi che i due non siano due matti, e che l’inaudito minibudget abbia successo, con i tempi che corrono, ma questo scontro rinnovato sulla trickle down economy, sull’idea che si debbano liberare i primi della cordata perché la vetta sia raggiunta, e che la vera questione è creare ricchezza prima di poterla redistribuire, ha un suo fondamento e radicamento nella grande storia politica britannica, cose molto lontane dall’opacità e inverisimiglianza di promesse e minacce generiche della politica continentale, o almeno di quella italiana.  

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.