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Come ricostruire l'Ucraina

Il fabbisogno immediato e il Pnrr ucraino. I numeri sono grossi, ma mettiamoli in prospettiva (pensando al tridente)

Giorgio Arfaras

Sul fronte economico, il deterioramento è così grave da richiedere un aiuto degli alleati significativo e immediato. Per risollevare il paese serviranno settecentocinquanta miliardi spalmati su dieci anni

Dal fronte di guerra le notizie che arrivano sono di un esercito ucraino che ha preso l’iniziativa. All’opposto di queste notizie positive arrivano, dal fronte economico, quelle negative. Nel secondo fronte non abbiamo soltanto un andamento molto negativo come è solitamente misurato – il pil, il bilancio dello stato – ma anche per quel che riguarda le condizioni materiali di vita della popolazione, i rifugiati, i senza tetto. Il deterioramento è così grave da richiedere un aiuto degli alleati significativo e immediato.

Tutti i numeri sono tratti dalla pubblicazione congiunta dell’agosto del 2022 del governo dell’Ucraina, della Banca mondiale, e della Commissione europea: “Ukraine rapid damage and needs assessment”. Il rapporto misura l’impatto (in dollari) della ricostruzione immediata, necessaria già quest’anno, il cui importo è superiore ai cinquanta miliardi; l’impatto dei costi della ricostruzione dal prossimo anno fino al 2025, il cui importo è superiore ai trecento miliardi; e l’impatto della ricostruzione volta alla modernizzazione che arriva fino a dieci anni da oggi, il cui importo è superiore ai quattrocento miliardi. Sono in tutto settecentocinquanta miliardi che, anche se spalmati su dieci e passa anni, fanno impressione.

Fanno molta meno impressione se si tiene conto che il pil combinato dell’Europa e del Nord America, quindi degli alleati dell’Ucraina, è superiore, e solo per un anno, a quarantamila miliardi. Il fabbisogno economico immediato è nel campo militare e nell’aiuto finanziario al bilancio dello stato. Quello legato alla ricostruzione serve a stabilizzare l’economia e a intraprendere la ricostruzione. Quello legato alla modernizzazione, infine, si articola in campo energetico, nella logistica, e nell’edilizia. Quest’ultimo può essere immaginato come un Pnrr ucraino.

Una digressione. L’aiuto all’Ucraina può essere immaginato come una riedizione del Piano Marshall. Un piano di rilancio in origine pubblico che ricostruisce l’Ucraina e che è, allo stesso tempo, un volano per la crescita economica degli alleati che intervengono nell’operazione sia finanziandola sia attraverso le loro imprese private. La ricostruzione e la modernizzazione dell’Ucraina – ma non l’aiuto immediato, che è altra cosa – sarà possibile solo quando la minaccia russa sarà venuta meno. Non solo come fine dell’aggressione, ma come ragionevole certezza che in futuro non ve ne saranno altre. Allo stato non si intravvede questa combinazione. Prima è difficile che si mobiliti un grandissimo ammontare di capitali pubblici, che trascini quelli privati. Una parte della spesa di ricostruzione e modernizzazione potrebbe essere in parte finanziata dai danni di guerra che possono essere richiesti alla Russia, a partire dai trecento miliardi di riserve della Banca centrale stipati all’estero che sono stati congelati.

I danni vanno però richiesti tenendo conto dell’esperienza. Dopo la Prima guerra le condizioni che furono imposte alla Germania furono draconiane. Dopo la Seconda non lo furono. Dopo la Prima l’effetto ottenuto fu la rivalsa tedesca, dopo la Seconda no. La combinazione migliore è far pagare alla Russia dei danni di guerra che possano essere onorati senza distruggere il paese, insieme agli aiuti per farlo riprendere. Il tutto può avvenire soltanto a condizione che vi sia un vero cambio politico.

Torniamo al rapporto. Osserviamo prima le misure tradizionali degli andamenti economici e poi i danni materiali. Con la guerra le entrate dello stato non possono che contrarsi perché, cedendo l’attività economica, cade la raccolta delle imposte. Nel caso ucraino nei primi mesi di guerra la raccolta fiscale è flessa di un terzo. Con la guerra le uscite dello stato non possono che crescere, perché lo sforzo bellico va finanziato. Nel caso ucraino nei primi mesi di guerra la spesa complessiva è cresciuta del cinquanta per cento. Il risultato è l’esplosione del deficit pubblico. Quest’ultimo è stimato pari a cinque miliardi al mese per la seconda metà di quest’anno. Il deficit può essere finanziato con l’emissione di obbligazioni, con l’emissione di moneta, o con una combinazione delle due opzioni. La strada seguita è stata quest’ultima che ha contribuito ad alimentare l’inflazione che, a fine anno, dovrebbe arrivare al trenta per cento. Di nuovo, i numeri esposti del deficit pubblico, sia come ammontare sia come percentuale, sono cospicui per l’Ucraina, ma sono molto modesti per i suoi alleati.

Passiamo ai danni materiali. Tre notazioni. Il pil ucraino è molto concentrato. Il venticinque per cento si forma nella capitale. L’Ucraina non è un paese ricco, ma resta per tanti versi una società post sovietica, con pezzi del sistema sociale di allora. Un quarto della popolazione riceve così una pensione. Infine, oltre sei milioni di persone, soprattutto donne e bambini, hanno lasciato l’Ucraina, e oltre sei milioni di persone sono rimaste in Ucraina, ma cambiando regione. Segue che le regioni più colpite e le fasce di popolazione non protette dallo stato sono quelle che più subiscono gli effetti negativi della guerra in corso. La varianza delle condizioni ha così un significato maggiore della media. Fatta pari a cento la popolazione rimasta dov’era prima della guerra, un terzo non guadagna nulla. Fatta pari a cento la popolazione spostatasi internamente, due terzi non guadagnano nulla. 

Torniamo al bilancio dello stato ucraino che, come abbiamo visto, è molto mal messo. Non è oggi in grado di aiutare la popolazione che vive in condizioni peggiori in misura accettabile, figurarsi che cosa potrà mai fare con l’arrivo dell’inverno, la cui temperatura minima è di meno tre gradi con un massimo di meno sette gradi. Insomma, e in conclusione, un aiuto significativo e immediato degli alleati è necessario

Si può, per influenzare la decisione alleata, tentare un’apologia fantasiosa dell'Ucraina. Il simbolo dell’Ucraina è il tridente. Poseidone e Atena offrivano dei doni per diventare protettori della città (che non aveva ancora preso il nome definitivo). Poseidone, dio del mare, colpì il suolo con il tridente, facendo tremare la terra e facendo sgorgare dell’acqua salata. Stava offrendo agli ateniesi (non si chiamavano ancora così) la forza del mare e la forza in guerra, ma essi rifuggivano il sapore salato del dono. Atena, invece, piantò un seme d’ulivo, che germogliò. L’ulivo offriva ombra per la contemplazione, olive da mangiare, e olio per cucinare (Atena offriva in anticipo di duemila anni l’Unione europea).

Il dono di Atena fu preferito e la città prese il suo nome. Ma Atene non poteva (come l’Unione europea duemila anni dopo) vivere in pace e di soli ulivi. Doveva difendersi dai nemici, e magari spingersi a cercare il grano, che si trovava anche in Ucraina (che allora come tale non esisteva, sicché fu fondata Cherson, che in greco vuol dire penisola). Gli ateniesi cercavano una qualità di vita maggiore. Ma non potevano avviare i commerci se non in condizioni di pace. Ed ecco che Atena si completa con Poseidone, che offre la guerra e il commercio marino. La pace è difesa dal tridente e il benessere è l’ulivo insieme al grano che si muove nei mari (grazie alla riapertura del Bosforo). Guarda caso, l’ammiraglia russa, la Moskva, è stata affondata con i missili Nettuno, e Nettuno è notoriamente il nome romano di Poseidone.

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