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Il golpista diventato primo ministro in Thailandia e poi sospeso dalla Costituzione

Massimo Morello

La Corte costituzionale ha sospeso dall'incarico il primo ministro Prayuth Chan-ocha. La legge e il dibattito politico iniziano a sostituirsi agli oscuri intrighi magici, i complotti, i colpi di stato

La Thailandia sembra diventare un paese “normale”. La legge e il dibattito politico si sostituiscono agli oscuri intrighi magici, i complotti, i colpi di stato, le manifestazioni di piazza che divenivano guerriglia urbana. Cambiano le regole e i modi, ma il gioco e i protagonisti sono sempre gli stessi.

Mercoledì 24 la Corte costituzionale ha sospeso dall'incarico il primo ministro Prayuth Chan-ocha, accogliendo una petizione dell’opposizione secondo cui il mandato del premier, salito al potere con il colpo di stato militare del 2014, avrebbe raggiunto il limite di otto anni imposto dalla nuova Costituzione. La sentenza potrebbe ancora essere revocata, ma appare improbabile. Prayuth potrebbe opporsi. Ma sembra gli sia stato consigliato di non farlo.

Il problema è che non tutti sono d’accordo sul conteggio degli anni. L’opposizione sostiene che il suo governo è iniziato nell’agosto del 2014, quando assunse la premiership dopo il golpe da lui guidato nel maggio precedente. Per altri il countdown dovrebbe partire dall’aprile del 2017, dall’entrata in vigore dell’attuale costituzione, elaborata dagli stessi militari. Per altri ancora, gli otto anni di governo decorrono dal giugno 2019, quando l’ex generale divenne premier in seguito alle elezioni del marzo precedente, le prime dopo cinque anni di governo militare.

La questione, dunque, non è cronologica, ma riguarda la legittimazione stessa di un governo figlio di un colpo di stato. Né, come molti sembrano pensare – o solo sperare – la sentenza della Corte costituzionale è una svolta nella storia della Thailandia, paragonabile alla rivoluzione del 1932 che segnò il passaggio dalla monarchia assoluta alla costituzionale.

La Corte che ha deciso il “degrado” di Prayuth, ad esempio, non si può definire animata da istinti rivoluzionari. Tanto che nel febbraio del 2020 sanzionò lo scioglimento del Future Forward Party e il bando del suo leader, il giovane miliardario Thanathorn, sostenitore di una vera riforma istituzionale, con una sentenza molto discutibile. La stessa Corte ha legittimato una riforma costituzionale che sembra modellata su quella voluta dai generali birmani.

In compenso, la sospensione dall’incarico di primo ministro del generale Prayuth non significa la sua esclusione dal governo: resta ministro della Difesa. A smorzare le speranze di cambiamento dell’opposizione, inoltre, ci penserà l’ex generale Prawit Wongsuwan, attuale vice-primo ministro, che assume l’incarico di primo ministro sino alle elezioni previste nel maggio 2023 (che potrebbero essere anticipate a marzo o addirittura a novembre 2022). Prawit, personaggio molto discusso, accusato di corruzione, noto per la sua milionaria collezione di orologi, è considerato un sostenitore di Prayuth. Per molti, però, l’amicizia è solo di facciata e Prawit non ha mai accettato un ruolo subordinato a colui che, da militare, era un suo sottoposto.

La sentenza della Corte costituzionale, quindi, sembra una manovra preelettorale orchestrata dall’establishment conservatore, ossia l’alta nobiltà, le tradizionali élites militari e burocratiche e le grandi famiglie, quell’1 per cento di popolazione che controlla il 70 per cento della ricchezza nazionale. In una situazione del genere è chiaro che le pessime performances economiche del governo Prayuth abbiano fatto pensare che era il momento di un cambio di leadership.

Secondo i conservatori, inoltre, Prayuth non è il candidato ideale per opporsi al Peua Thai, il partito dell’ex premier Thaksin Shinawatra, il miliardario iperpopulista deposto da un colpo di stato nel 2006, che da allora ha continuato a influenzare la politica thai incarnando le sue idee nelle donne di famiglia. Fu il caso della sorella, Yingluck Shinawatra, eletta primo ministro nel 2011 e deposta nel 2014 per una sentenza della Corte costituzionale. Oggi è la volta di Paetongtarn Shinawatra, la sua figlia più giovane, che un sondaggio dello scorso giugno dava per vincente su Prayuth con più del doppio dei voti.

Un governo ad interim, quindi, potrebbe essere più utile alle “camicie gialle”, ossia ai conservatori (il giallo è il colore reale) che alle “camicie rosse” di Thaksin, dando ai primi il tempo di identificare la strategia e il leader migliore. Il rischio è che si inneschi un nuovo ciclo di manifestazioni, come hanno già minacciato i rossi, seguite dalla reazione dei gialli.

Come si dice, “in Thailandia ogni cosa è fatta al modo thai”. Anche la normalità.

 

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