in tribunale
A Karlsruhe la Germania discute i limiti e il futuro dell'Ue
Nei ricorsi alla Corte costituzionale tedesca contro il piano di acquisti della Bce varato per la pandemia e il Next Generation Eu si decide il perimetro dell’Unione europea
Karlsruhe. Se già nella Prussia di Federico il Grande il mugnaio di Potsdam poteva affermare “C’è un giudice a Berlino”, tutta Europa conosce da tempo il ruolo di primissimo piano dei giudici del Bundesverfassungsgericht, il Tribunale costituzionale federale, nella partecipazione tedesca al progetto europeo. Proprio a fine luglio dinanzi la Corte è stato discusso il ricorso contro Next Generation Eu (Ngeu) e si attende entro l’anno anche la decisione sul Pandemic emergency purchase programme (Pepp), il piano di acquisti della Bce varato per la pandemia.
Vicende diverse ma simili nei presupposti. Il timore dei ricorrenti nel caso Ngeu (in particolare l’imprenditore Heinrich Weiss e Bernd Lucke, fondatore del partito di destra Alternative für Deutschland dalla quale è poi uscito) è la violazione delle competenze che i Trattati attribuiscono alle istituzioni europee (atti ultra vires) che può determinare anche una collisione con le competenze degli organismi nazionali in misura tale da lederne quel nucleo che non può essere oggetto di trasmissione all’Ue. E’ questo il piano dell’identità costituzionale della Repubblica federale, che viene salvaguardata proprio grazie al controllo costante di Karlsruhe. Nel Pepp a compiere l’atto ultra vires sarebbe la Bce. Qui c’è un precedente: il ricorso contro l’analogo Public sector purchase programme (Pspp) e la sentenza del maggio 2020 che per la prima volta ha dichiarato non applicabile in Germania un atto europeo. Karlsruhe potrebbe di nuovo decidere di rinviare preliminarmente la questione dei piani della Bce alla Corte del Lussemburgo, per accertare se violino il diritto europeo.
Più complicata è la vicenda di Ngeu. Approvato nel 2020 dal Consiglio europeo con la Decisione sul sistema delle risorse proprie dell’Ue, il programma di interventi per superare le conseguenze della pandemia e rafforzare le economie europee prevedeva una ratifica in tutti gli stati membri. Quella tedesca è al centro del ricorso. Con Ngeu la Commissione potrà indebitarsi fino al 2026 per 750 miliardi di euro, che andranno agli stati membri come prestiti e contributi diretti. Rientro previsto entro il 2058, finanziato dalle restituzioni degli stati per i prestiti e per il resto dal bilancio dell’Ue, tramite o nuove fonti di finanziamento o un aumento dei contributi degli stati membri fino allo 0,6 per cento del pil.
Per dimensione e durata si tratta di una misura eccezionale, mai adottata prima d’ora. Da qui la domanda: si tratta del primo passo verso la Fiskalunion, come pure lo stesso cancelliere Olaf Scholz, allora ministro delle Finanze, aveva anticipato?
Secondo i ricorrenti, la Commissione europea non avrebbe alcuna competenza per questo piano (uno “spostamento tettonico di poteri”), un indebitamento non fa parte delle risorse proprie dell’Unione e non è coperto dai Trattati, il piano contraddice l’art. 125 sul divieto di bail-out, l’Europa si trasformerebbe già in un’unione fiscale e, nell’ipotesi peggiore, quella in cui la Germania dovrebbe rispondere anche per gli stati (art. 9 commi 4-6 della Decisione) che non sono in grado di fare fronte alla propria quota di debito, il peso del debito comprometterebbe l’autonomia del Bundestag nella determinazione del bilancio tedesco.
Di queste accuse, i ricorrenti hanno evidenziato soprattutto la fragilità della base giuridica del programma ma non è detto che basti per qualificarlo come ultra vires. Governo e Parlamento hanno ribadito come esso risponda alle indicazioni della giurisprudenza di Karlsruhe. Non c’è violazione delle competenze perché si ricorre al diritto dell’Unione – l’art. 311 comma terzo del Trattato sul funzionamento dell’Ue – per affrontare le conseguenze della pandemia. Grandezza del programma come pure gli obiettivi sono fissati anticipatamente e non sono derogabili, come ha ripetuto il rappresentante della Commissione: si tratta di una condizionalità rafforzata. Se è vero che la competenza a contrarre debiti non è espressamente citata nei Trattati, non è neanche vietata: difficile è, dunque, superare la soglia che proprio Karlsruhe ha posto negli anni per qualificare la trasgressione del principio delle competenze attribuite. Più di un giudice ha rimarcato la rilevanza dell’art. 122 del Trattato: in casi straordinari come la pandemia, sono ammesse misure altrettanto eccezionali. Senza dimenticare che Ngeu è stato espressamente approvato dal Bundestag con larghissima maggioranza: il controllo sugli atti ultra vires non potrebbe non tenerne conto.
Ci sono, invece, problemi per l’autonomia di bilancio del Bundestag e per l’identità costituzionale tedesca, il cui nucleo non sarebbe a disposizione nemmeno del Parlamento? Qui il dibattito di fronte ai giudici ha costituito una sintesi efficace delle principali preoccupazioni tedesche sul problema di come definire una politica comune europea di risposta alla crisi presente e a quelle future. Fosco, secondo lo stesso giudice Huber, è stato il commento della Corte dei conti federale, con Ahmed Demir: “Ci sono certamente rischi per un aumento delle obbligazioni a carico della Germania” per quanto “difficili da valutare ma gestibili”, soprattutto: “Non è affatto detto che il piano raggiunga i suoi scopi, anzi esistono forti rischi di una rilassamento di bilancio degli stati membri”. Come pure che i fondi siano utilizzati per tutt’altri scopi da quelli previsti.
Più cauti gli esperti chiamati a fornire un parere: Gabriel Felbermayr, Lars Feld, consigliere del ministro delle Finanze Christian Lindner, e Clemens Fuest. Tutti hanno sottolineato la novità ma anche le limitazioni che ne fanno un piano gestibile per il bilancio tedesco. Feld ha confermato che lo scenario peggiore in cui la Germania risponde per tutti i debiti è “irrealistico”. Proprio la Brexit mostra come anche l’uscita dall’Unione non estingua le obbligazioni contratte. Smentito anche l’automatismo tra Ngeu e una vera e propria unione fiscale. Tuttavia, avviato Ngeu, alla prossima crisi si pretenderà una soluzione analoga. Clemens Fuest lo ha sintetizzato con efficacia: “Churchill diceva Never waste a good crisis. Si dice che il piano è una buona idea ma allo stesso tempo che lo faremo una sola volta. Le due affermazioni non si tengono insieme”. Da qui la domanda: regge l’Unione se la risposta a ogni crisi è quella di aumentare l’indebitamento senza che si osservino significativi cambiamenti nei piani e nelle politiche degli stati? Inutile dire che è stato più volte evocato il caso italiano e la fine anticipata del governo Draghi.
E’ chiaro che il Tribunale non si occupa di quello che potrebbe accadere, ma è chiamato a verificare la compatibilità del progetto con la normativa vigente. L’impressione è che ci sia una certa tranquillità, soprattutto nella maggioranza degli esperti, sulla sostenibilità di Ngeu per l’autonomia di bilancio del Parlamento, anche nelle ipotesi più fosche, per quanto non sia fissata anticipatamente una responsabilità massima della Germania sulla quota complessiva. Circostanza plasticamente ribadita da Doris König, vicepresidente del Tribunale: quando i ricorrenti hanno utilizzato ancora una volta l’ipotesi di una Germania obbligata rispondere per l’intero piano, la giudice ha ricordato: “Se trasformiamo lo scenario più fosco, in un espresso limite normativo, è a quel punto che il Bundestag non ha alcuna autonomia”. Anche perché la corte deve rispettare il diritto del Bundestag a operare in autonomia valutazioni sui possibili rischi. Ai ricorrenti potrebbe così non riuscire di dimostrare che il piano non solo limita l’autonomia di bilancio per un determinato periodo ma di fatto la svuota del tutto, come Karlsruhe ha chiarito sia necessario perché l’atto possa essere impugnato con successo.
Poche possibilità per un accoglimento pieno, dunque, ma è anche vero che il II senato non ha mai mancato di confermare la creatività della propria giurisprudenza. E sebbene il giudice relatore sarà sostituito entro l’anno per la scadenza del mandato e non mancano indizi di una trasformazione della giurisprudenza, è probabile che il Senato, già entro l’anno, rigetti il ricorso, rafforzando le prerogative del Bundestag, oppure, soluzione forse più utile perché non si limiterebbe alle competenze del parlamento tedesco, rinvii anche Ngeu al Lussemburgo per sondarne la base giuridica.
Proprio in questo caso sarà richiesta una maggiore comprensione e disponibilità da parte della Corte di giustizia europea, che potrebbe trovarsi di fronte due ricorsi da Karlsruhe, Pepp e Ngeu. I rinvii le offrirebbero la possibilità di tenere in considerazione le preoccupazioni espresse da Karlsruhe, perlomeno molto di più di quanto fatto fino a oggi. E questo sarebbe un contributo notevole proprio all’integrazione: per disinnescare i conflitti occorre essere in due.
l'editoriale dell'elefantino