scontro libico

Washington cerca di contenere Putin che usa la Libia contro l'Europa

Enrico Pitzianti

Si è conclusa l'African Lion 2022, l'esercitazione gestita da Africom. L'intenzione degli Stati Uniti è quella di provare ad arginare, e possibilmente fermare, l’avanzata russa in Africa. Il ruolo di Haftar, delle milizie Wagner e quello della Turchia

Si è conclusa l’African Lion 2022: l’esercitazione militare gestita da Africom, il Comando africano degli Stati Uniti, sui territori di Tunisia, Marocco, Ghana e Senegal. L’esercitazione di per sé non sarebbe una notizia, d’altronde si tiene ogni anno (questa è la diciottesima) ma mai era stata così ampia e condivisa. Oltre agli statunitensi hanno partecipato militari ciadiani, brasiliani, francesi, olandesi, britannici e anche 40 italiani parte dei Nato rapid deployable corps. Il generale Andrew M. Rohling durante la conferenza stampa dello scorso 28 giugno lo ha detto chiaramente: African Lion 22 è “la più grande esercitazione condotta finora nel continente e rappresenta un impegno strategico per la stabilità regionale africana da parte degli Stati Uniti e dei nostri partner”. Tradotto: Washington ha intenzione di provare ad arginare, e possibilmente fermare, l’avanzata russa in Africa, che funziona in due modi, il primo è il supporto diretto a colpi di stato che siano favorevoli a Mosca (ma, soprattutto, sfavorevoli all’Europa). Il secondo invece è ideologico e ha a che fare con il terrorismo: il Cremlino infatti, facendo leva sull’assenza di un proprio passato coloniale nel continente, si propone come forza neutra utile a combattere lo Stato islamico e le milizie che minano la stabilità di ampie porzioni d’Africa.

   

African Lion 22 sembra essere stata pensata con particolare attenzione alla Libia. Qui il maresciallo Khalifa Haftar, supportato da Mosca e con a disposizione migliaia di miliziani dell’ormai celebre gruppo militare d’ispirazione neonazista “Wagner”, sta bloccando diversi pozzi di petrolio libico. I dati Opec danno un’idea chiara della diminuzione della produzione: un milione di barili in meno estratti quest’anno rispetto al 2021. E’ il modo con cui Haftar sta cercando (riuscendoci) di favorire Mosca nello scontro diplomatico con il blocco occidentale. Meno alternative ha l’Europa per badare al proprio fabbisogno energetico più il Cremlino può sperare che il suo, di greggio, continuerà a essere comprato. Sui tavoli diplomatici che riguardano la guerra in Ucraina e le sue conseguenze, Putin può tenere una posizione di forza anche grazie alle mosse del generale libico.

     
Hanno partecipato attivamente all’African Lion 2022 dieci stati, per un totale di 7.500 militari e il coinvolgimento diretto di almeno una dozzina di governi africani. Le esercitazioni di questo tipo funzionano con la simulazione di scenari il più possibile realistici e probabili. Per questo ben otto delle “unità non-amiche” dell’operazione (cioè gli obiettivi della simulazione del conflitto) sono state dislocate nella Libia orientale, quella controllata proprio dall’uomo forte della Cirenaica. Nel distretto di Jufrah, nel centro del paese, non a caso ha sede la maggior parte dei miliziani russi del gruppo Wagner, stimati in 5 mila unità (segno che nemmeno la guerra in Ucraina ha distolto le attenzioni del Cremlino dalla Libia, ormai avamposto strategico russo in funzione antieuropea). Le altre unità non-amiche sono state disposte a Malta, una, a Tripoli, due, poi altre due in Tunisia, tre in Algeria, quattro in Marocco e altre tre, le ultime, nell’estremo est del Mediterraneo.

    
La grande esercitazione militare di Africom, oltre all’utilità pratica, ha una certa importanza simbolica: dice che dal punto di vista di Washington e dei suoi alleati l’espansionismo russo in Africa, e soprattutto in Libia, va contenuto e che esiste la volontà politica di farlo. Haftar non è arrivato a conquistare Tripoli, nonostante l’aiuto esterno, ma il contenimento delle milizie manovrate da Mosca è comunque un’urgenza. Non solo per evitare che Putin possa mettere sotto scacco l’Europa gestendo i flussi di materie prime energetiche dall’Africa, ma anche per i libici. Lo stallo elettorale attuale e il caos sociale sono i motivi per cui il primo paese per risorse petrolifere di tutto il continente africano non riesce nemmeno a fornire l’elettricità, e i servizi minimi, alla propria popolazione. Così, ora, i libici insorgono, e lo fanno con proteste di piazza in tutto il paese. Le richieste somigliano molto a quelle delle “primavere arabe”: lotta alla corruzione, richiesta di elezioni e di una democrazia funzionante, oltre al ritiro delle truppe straniere. Nel caso libico si tratta dei militari russi, ma anche di quelli turchi. Sia a Mosca sia ad Ankara, però, conviene una Libia instabile. Nel caso russo per controllare i flussi di petrolio verso l’Europa, in quello turco per controllare quelli migratori non solo da est, ma anche da sud.
 

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