Povertà, crescita, demografia. Putin ha fallito tutte le promesse

Luciano Capone

Nel 2018 il Cremlino presentò il piano di "obiettivi nazionali e i compiti strategici per il 2024”: aumento del pil, della popolazione, dei redditi e dell'aspettativa di vita. Tutti gli indicatori erano in peggioramento già prima dell'invasione dell'Ucraina, ora con le sanzioni sarà peggio

Vladimir Putin si è paragonato a Pietro il Grande facendo un parallelo sulla missione storica di entrambi, che è quella di riconquistare le terre ritenute russe: “Ora spetta anche a noi riconquistare” i territori che ci appartengono, ha detto. In realtà, per le parole e i metodi usati, più che a Pietro il Grande pare che il presidente russo si ispiri a Pietro Savastano, il boss di “Gomorra” che assicurava ai suoi affiliati: “Ce ripigliamm’ tutt’ chell’ che è ’o nuost’”.

 

A parte la crudeltà, Pietro e Putin hanno poco in comune. Se il primo è ricordato come un modernizzatore, un despota illuminato che voleva una Russia occidentalizzata, il secondo è un retrogrado e reazionario che rischia di passare alla storia per aver isolato la Russia. All’inizio anche Putin si era presentato come un riformatore, con l’obiettivo di modernizzare l’economia e alzare lo standard di vita dei russi ai livelli occidentali. Aveva promesso il riscatto morale ed economico. All’avvio del suo primo mandato, nel 2000, aveva promesso di raggiungere in 15 anni il pil pro capite del Portogallo.

 

In effetti le cose sembravano andare per il verso giusto con una crescita, trainata dal boom dei prezzi del petrolio e delle materie prime, che per otto anni è stata in media del 7% annuo. Ma poi è arrivata la recessione, il tasso di crescita russo si è sempre più affievolito insieme allo spirito riformatore di Putin. L’economia dipendente dalle risorse naturali non è stata diversificata e dal 2014, dopo le lievi sanzioni occidentali per l’annessione della Crimea, la crescita è stagnante. Il pil pro capite del Portogallo non è mai stato raggiunto, attualmente è il doppio di quello russo, e anzi la Russia è stata superata dalla Romania che era indietro. Ora Lisbona è un miraggio, da anni non si parla più del catch-up con il Portogallo. Putin si è dato obiettivi meno ambiziosi, che però sono stati comunque tutti falliti. Lo zar li ha elencati dopo la vittoria alle presidenziali del 2018, quando è stato rieletto con il 76,7% dei voti, nel decreto “Sugli obiettivi nazionali e i compiti strategici per lo sviluppo della Federazione Russa fino al 2024”, ovvero a fine mandato.

 

Nessun risultato è stato centrato, anzi gran parte degli indicatori ha subìto un peggioramento. Il primo obiettivo era una “costante crescita naturale demografica”. Nei giorni scorsi abbiamo parlato dell’ossessione di Putin per la crisi demografica, un problema strutturale per la Russia che negli ultimi anni si è ulteriormente aggravato. Secondo i dati di Rosstat, l’Istituto federale di statistica, nei primi quattro mesi del 2022 i decessi sono stati 311 mila in più delle nascite, un dato in peggioramento rispetto ai 304 mila del 2021, anno già particolarmente negativo. Nel decreto del 2018 Putin indicava il traguardo di un “aumento del tasso di fertilità a 1,7”. Ma il dato, che nel 2018 era pari a 1,6, anziché aumentare è sceso a 1,5. E così da qualche anno la popolazione russa è in costante diminuzione (-13 milioni nel 2036, stima Rosstat).

 

Il secondo obiettivo del piano di Putin, collegato al primo, era “aumentare l’aspettativa di vita fino a 78 anni”. Anche in questo caso le cose non vanno come da programma. Dopo un periodo di costante aumento, anche perché l’attesa di vita in Russia specialmente tra gli uomini era particolarmente bassa, da qualche anno c’è stata un’inversione di tendenza. Dal picco di 73 anni nel 2019, l’aspettativa di vita è scesa a 71 nel 2020 e, anche per la pessima gestione del Covid, è ora a 70 anni: un balzo indietro di dieci anni, ai livelli del 2012.

 

Sul fronte economico Putin prometteva “una crescita sostenibile dei redditi reali dei cittadini, nonché del livello delle pensioni al di sopra del livello di inflazione”. Un altro obiettivo mancato. Anziché aumentare, il reddito dei russi è diminuito. Secondo il Bank of Finland Institute for Emerging Economies (Bofit), l’istituto della Banca centrale finlandese che studia l’economia dei vicini, già lo scorso anno il reddito reale dei russi era sceso ai livelli del 2010: un colpo notevole è arrivato dal Covid, ma il trend era in calo già dal 2014. E il quadro è destinate a deteriorarsi ulteriormente: secondo le previsioni del ministero dello Sviluppo economico russo, il reddito disponibile reale quest’anno diminuirà del 6,8% (per l’effetto combinato della recessione e dell’aumento dell’inflazione). Secondo il governo russo si dovrebbe ritornare al livello del 2021 – che è comunque il più basso dal 2009 – solo nel 2025 (fra tre anni). Anche sulle pensioni, Putin non ha mantenuto le promesse di farle crescere sopra l’inflazione: ha appena approvato un decreto per aumentare l’assegno del 10%, ma l’inflazione è al 17%. E comunque anche prima della guerra le pensioni erano stagnanti in termini reali dal 2018.

 

“Dimezzare il livello di povertà nella Federazione russa” era l’altro obiettivo socio-economico. Nel 2018 il tasso di povertà era del 12,6%, il che vuol dire che sarebbe dovuto progressivamente scendere fino al 6,3% nel 2024. Le cose stanno andando diversamente. Il dato era in impercettibile discesa, ma ora è esploso. Secondo l’ultimo aggiornamento dell’agenzia statale Rosstat, nel primo trimestre del 2022 vivono sotto la soglia di povertà 20,9 milioni di russi, ovvero il 14,3% della popolazione. La causa principale dell’aumento della povertà è l’accelerazione dell’inflazione all’11,5%, ma bisogna ricordare che si tratta del primo trimestre dell’anno, quando l’economia russa era in crescita. Con l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni occidentali lo scenario è notevolmente cambiato: l’inflazione è quasi raddoppiata e il pil, anziché crescere del 3%, crollerà dell’8%.

 

E proprio questi due – pil e inflazione – sono gli altri obiettivi mancati. “Inclusione della Federazione russa tra le cinque maggiori economie del mondo, garantendo tassi di crescita superiori a quelli mondiali, mantenendo l’inflazione a un livello non superiore al 4%”, prometteva Putin. La Russia al momento è l’undicesima economia del mondo, ma è destinata a essere superata da Corea del sud e Australia. Non solo dal 2018 il pil russo è cresciuto meno di quello mondiale, ma nel prossimo biennio subirà un crollo attorno al 10% per effetto delle sanzioni occidentali.

 

Putin già non era stato in grado di modernizzare la società e l’economia, tanto che nel 2020 con un nuovo decreto aveva spostato gli “obiettivi di sviluppo nazionali” dal 2024 al 2030. Ma l’invasione dell’Ucraina ha peggiorato ulteriormente il futuro di un paese che si è isolato dalle economie più avanzate, che rappresentano il 60% del pil mondiale. Se Pietro il Grande è ricordato in Russia, come diceva Puškin, per aver aperto una finestra sull’Europa, Putin verrà ricordato per averla chiusa.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali