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editoriali

L'ultimo ricatto di Orbán sulle tasse alle multinazionali

Redazione

Budapest mette il veto per poter mercanteggiare sull'approvazione del suo Recovery Plan. La Polonia (insieme al compromesso della Commissione) ha fatto scuola

La presidenza francese dell’Unione europea rischia di chiudersi con un fallimento su una delle priorità di Emmanuel Macron: la tassazione minima delle multinazionali, inclusi i giganti del digitale. L’adozione da parte dell’Ecofin della direttiva per recepire l’accordo all’Ocse dello scorso anno sull’aliquota del 15 per cento è stata bloccata per diversi mesi a causa del veto della Polonia. Per dare il via libera, il governo nazionalista di Varsavia ha chiesto che prima venisse approvato il suo piano di Recovery da oltre 35 miliardi. All’inizio di giugno la Commissione ha ottemperato, malgrado i dubbi sull’indipendenza della giustizia e lo stato di diritto. Così, mercoledì, l’ambasciatore polacco ha comunicato che il suo paese non aveva più obiezioni sulla direttiva sulla tassazione minima. La sua approvazione è stata messa all’ordine del giorno dell’Ecofin di oggi.

 

Ma è arrivata una sorpresa inattesa: l’Ungheria di Viktor Orbán, che ad aprile aveva appoggiato il testo, all’improvviso ha annunciato il suo veto. “Gli argomenti dell’Ungheria non sono molto convincenti. Non ha fatto richieste sulla sostanza del testo”, ma ha detto che “la situazione economica giustifica di prendere più tempo”, ha spiegato un diplomatico dell’Ue. Usare la crisi e la guerra è pretestuoso. Non solo Orbán ha introdotto tasse sugli extraprofitti delle multinazionali per finanziare gli sconti sulla benzina, ma l’Ungheria aveva ottenuto deroghe specifiche all’accordo dall’Ocse. Il sospetto è che Orbán abbia scelto di imitare la Polonia: poiché sulla tassazione nell’Ue si decide all’unanimità, sta usando il veto per ottenere l’approvazione del piano di Recovery dell’Ungheria. L’Ue ha le sue colpe: cedendo alla Polonia, la Commissione e gli altri stati membri hanno incentivato la politica del ricatto. Ma c’è un limite al sabotaggio interno dell’Ue. Tra veti alle sanzioni contro la Russia, ruolo di cavallo di Troia della Cina e deriva illiberale, Orbán lo ha superato da parecchio. E’ tempo di metterlo al bando.