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editoriali

Russia, tra propaganda e realtà

Redazione

L’economia è in crisi, ma certi media italiani sono più ottimisti del Cremlino

Nel racconto del Cremlino la Russia non è in guerra e non è in crisi, e la crisi economica che comunque c’è non ha niente a che fare con la guerra e con le sanzioni. Quelle stesse sanzioni che danneggiano solo l’Europa, ma che Vladimir Putin chiede di togliere ogni volta che parla con un leader europeo. Realtà alternative che si riproducono in alcuni media italiani, dove addirittura si arriva a dire che le sanzioni favoriscono la Russia. L’argomento più usato è la forza del rublo, che dopo un crollo iniziale ha recuperato valore fino a superare i livelli pre-bellici. Ciò è dovuto alla contrazione della domanda interna – e quindi delle importazioni – accompagnata da esportazioni di energia a prezzi elevati, che hanno permesso alla Russia di registrare un surplus commerciale record. Nelle condizioni dell’economia russa, però, questo non è affatto un bene.

 

Il ministro delle Sviluppo economico russo Maksim Reshetnikov ha detto, secondo Ria Novosti, che il rublo forte è un problema: le aziende russe infatti “non sono abbastanza competitive” per il cambio attuale, mettendo a rischio la strategia di “sostituzione delle importazioni” studiata dal governo. In un intervento a Rossiya 24, Reshetnikov ha detto che anche la crisi della domanda interna (i dati dei registratori di cassa segnano un -10 per cento rispetto alla fase pre-guerra), peggiorata del rublo forte, rischia di far entrare l’economia russa in una spirale di riduzione della produzione delle imprese e dei consumi. Per rispondere alla crisi di domanda, scrivono il Kommersant e la Tass, da giugno il governo vuole indicizzare le prestazioni sociali, le pensioni e il salario minimo con un aumento del 10 per cento, anche se l’inflazione è al 18 per cento. Nonostante i dati economici ufficiali mostrino una realtà sempre più difficile, in qualche modo i media di regime russi provano sempre a trasmettere un messaggio positivo e patriottico. Ma comunque sempre meno ottimistico rispetto a certi media italiani.

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