Idee convergenti

Kissinger e Chomsky, pur detestandosi, sono contrari al sostegno americano all'Ucraina

Paola Peduzzi

L’ex segretario di stato e il linguista, due pesi massimi ultranovantenni della filosofia politica americana, si incontrano sulla necessità di accettare il negoziato e a non inasprire i rapporti con la Russia. La saldatura ideologica dei realisti che invitano Kyiv alla “saggezza”. Era già accaduto nel 2014

Negli Stati Uniti l’unità sulla guerra in Ucraina e sull’isolamento necessario della Russia si  sta sfilacciando. Ad approfondire la rottura è in particolare la parte trumpiana del Partito repubblicano che anima l’ala isolazionista della politica estera statunitense. Ma non si tratta di una frattura recente né superficiale: lo scontro ideologico tra realisti e idealisti, tra isolazionisti e interventisti, attraversa la storia del Dopoguerra americano ed è trasversale ai partiti. La presenza della Russia nell’equazione che definirà il nuovo ordine globale dopo l’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina svela quella trasversalità formando delle saldature che, sulla carta, sembravano poco plausibili. Ce n’è una visibilissima in questi giorni: quella tra il pensiero di Noam Chomsky e di Henry Kissinger. Questi due pesi massimi ultranovantenni della filosofia politica americana si detestano in modo palese e scortese: Chomsky, linguista e filosofo, chiede da anni che Kissinger, ex segretario di stato degli anni Settanta, venga processato per crimini di guerra. Non è un’iperbole: Chomsky considera Kissinger responsabile dei “crimini commessi da Washington in Asia, in medio oriente, in Sud America” quando era al governo e anche dopo, essendo stato il consulente e l’ispiratore di molti presidenti. Ma a sentirli parlare durante questa crisi non si vedono molte differenze. Due giorni fa Kissinger è intervenuto al Forum di Davos.  

 

L’ex segretario di stato ha parlato poche ore dopo l’intervento con cui il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha aperto l’incontro di Davos, chiedendo più sanzioni, chiedendo che il prossimo ordine mondiale non sia definito dalla forza bruta e invitando le aziende che lasciano la Russia a investire in Ucraina. Kissinger ha detto che Kyiv deve imparare a combinare “il suo eroismo con la saggezza” e che non deve avere l’obiettivo di umiliare la Russia ma di accettare il negoziato. Kissinger non accenna al fatto che Mosca non ha dato alcun credito al negoziato – anzi, continua a confonderlo, come dimostra il trattamento del cosiddetto “piano italiano” del ministro Luigi Di Maio e del segretario generale dell’Onu António Guterres: due giorni fa un portavoce del ministero degli Esteri russo aveva detto di voler prendere in considerazione il piano italiano, ieri Dmitri Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, lo ha definito “un puro flusso di coscienza slegato dalla realtà”.

 

Kissinger invece sottolinea con forza che non soltanto Kyiv dovrebbe scendere a più miti consigli e accettare di fare concessioni territoriali ma che anche i paesi occidentali non devono compiere l’errore “fatale” di farsi trascinare “dall’umore del momento” e alienarsi per sempre la Russia. L’Ucraina deve negoziare “prima di creare sconvolgimenti e tensioni che difficilmente potranno essere superati” e “idealmente ritornare allo status quo ante” l’invasione di Putin: “Continuare a fare la guerra oltre quel punto non avrebbe più nulla a che fare con la libertà dell’Ucraina, ma sarebbe una nuova guerra contro la Russia”, ha detto Kissinger. L’ex segretario di stato, che negli anni Settanta lavorò alla politica di distensione con l’Unione sovietica e con la Cina, ha anche detto che Washington deve evitare di mettere Taiwan al centro delle sue relazioni diplomatiche già tese con Pechino. Sempre poche ore prima, il presidente Joe Biden, in visita in Giappone, aveva detto che l’America è pronta a intervenire a sostegno di Taiwan se dovesse essere attaccata dalla Cina. Secondo Kissinger, al contrario, “gli Stati Uniti non devono sviluppare con i sotterfugi o con processi graduali una politica che avalli la soluzione delle ‘due Cina’, ma piuttosto insistere con la politica della pazienza che ha avuto anche la Cina”. 

 

Kissinger, che compie 99 anni venerdì, usa  le stesse argomentazioni di Chomsky: la Crimea è russa e i crimeani ne sono contenti, Putin vuole una soluzione diplomatica, l’Europa senza la Russia è meno forte, Kyiv sta esagerando e dovrebbe essere più saggia. Era già accaduto nel 2014, quando entrambi, pur detestandosi, avevano invitato l’Amministrazione Obama a non inasprire i rapporti con la Russia e a non inviare armi all’Ucraina. Chomsky ha ribadito in molte interviste questo suo approccio contrario a qualsiasi azione che possa essere percepita come una provocazione da Putin. Sulle responsabilità globali dell’America invece restano delle differenze: per Chomsky americani e russi pari sono, brutali aggressori in ogni caso – Kissinger per primo, criminale da processare. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi