Per qualche ora Shanghai ha aggirato la censura facendole il verso

Priscilla Ruggiero

La notte di giovedì gli utenti di Weibo sono riusciti a tenere in piedi alcune delle critiche più antigovernative degli ultimi anni, dando sfogo alla rabbia e alle lamentele per quattro ore, senza che in quel lasso di tempo la propaganda riuscisse a intervenire

Roma. Gli utenti del web cinese sono noti per la loro grande abilità ad aggirare il Great Firewall, la censura, nonostante il lavoro dei censori e le norme sul cyberspazio siano  sempre più stringenti. Ma a causa delle ondate di proteste degli ultimi giorni a Shanghai, sui social e per le strade, mettere a tacere il dissenso dei cittadini sta diventando incredibilmente complicato. I 25 milioni di abitanti del principale centro finanziario della Cina sono in lockdown da quasi un mese, e a causa della carenza di cibo e delle restrizioni draconiane sono sempre più insofferenti.  La notte di giovedì gli utenti di Weibo, il principale social network cinese, sono riusciti a tenere in piedi alcune delle critiche più antigovernative degli ultimi anni, dando sfogo alla rabbia e alle lamentele per quattro ore, senza che in quel lasso di tempo la censura riuscisse a intervenire. 

 

Com’è stato possibile? Semplice, hanno utilizzato l’hashtag più amato dalla propaganda: quello contro l’America. Gli utenti cinesi, stanchi dei tentativi del Partito di sfuggire alle critiche concentrando l’opinione pubblica su quanto siano cattivi gli Stati Uniti, hanno preso l’hashtag: “Sono gli Stati Uniti il paese con il più grande deficit di diritti umani” e lo hanno reso proprio. In pochi minuti è diventato virale, salendo in cima alla classifica degli argomenti più popolari – che di solito vengono sempre approvati dalle autorità – sfuggendo alla macchina della propaganda. Alcuni hanno utilizzato “Call me by your name” (anche lui censurato poco dopo) per riferirsi alla strategia della propaganda cinese di criticare gli Stati Uniti ogni qualvolta succeda qualcosa che non va in Cina. “Sì, sigilliamo le porte delle persone, uccidiamo gli animali domestici, sprechiamo risorse sanitarie per far sì che i pazienti con necessità più urgenti non vengano curati, ma il nostro numero di morti è zero!”, si legge insieme ad “alta età pensionabile, cultura del 996 (lavorare dalle 9 di mattina alle 9 di sera per sei giorni alla settimana), i prezzi delle case sono alle stelle così come i tassi di interesse, i redditi sono bassissimi: sì, è la Cina il paese con con il maggior rispetto per i diritti umani!”, e poi commenti senza mezzi termini come:  “La Cina è il paese con più limitazioni dei diritti umani e più autoritario al mondo”.

 

Il giornalista Wenhao sul suo account Twitter spiega che è ancora un mistero come la censura di Weibo abbia permesso a questi post di rimanere visibili per così tanto tempo. Quando è arrivata per cancellare tutto, si sono fatti avanti i post più ironici: “Hanno svegliato i censori alle 4:20 del mattino, è  disumano!”, ironizzando sul fatto che censurare il problema potesse essere un modo per affrontarlo: “Oh fantastico, hanno risolto il problema della carenza di cibo”. Altri hanno continuato a incolpare fintamente l’America: “Gli Stati Uniti hanno ritirato quell’hashtag così rapidamente. Non c’è da stupirsi che siano così bravi nella guerra informatica. La misera Cina non può competere. E’ tutta colpa dell’America, che rabbia!”. 

 

Questo non è il primo grande tentativo di censura dall’inizio del lockdown in quella che viene chiamata “la finestra della Cina sul mondo”. Qualche settimana fa, i cittadini  rimasti  in confinamento senza cibo, affamati avevano condiviso l’hashtag Shanghai mai cai, comprare cibo a Shanghai, in merito al blocco della catena di distribuzione. “Buone notizie! Risolto il problema!”, ha scritto un utente mostrando come l’hashtag fosse stato censurato: è stato ricondiviso più di 33 mila volte. Nel caos  dei positivi che vengono trasferiti in campi d’isolamento, e gli anziani che non riescono ad accedere alle cure mediche, molti temono che i funzionari locali siano più preoccupati di diu mianzi, perdere la faccia agli occhi del Partito, che ascoltare i bisogni delle persone. “Avete sentito le grida  della gente? Lo avete fatto, e per risolvere le avete coperto gli occhi e le orecchie”, scrive un utente su Weibo. Reuters riporta tramite alcune ricerche sul social più di 600 cause penali e 150 arresti   a marzo per violazione delle norme Covid: mentre in una delle città più internazionali della Cina continentale si continua a bucare la censura con i video delle proteste nei distretti e  le voci di anziani che implorano di ricevere assistenza medica, i megafoni per le strade continuano a intimare  di tornare a casa e di placare i  propri desideri di libertà. 

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