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E se Putin non avesse fatto male i conti? L'opinione di un Pulitzer sulla guerra in Ucraina
"Mosca sta realizzando un'enorme rapina, mascherata da invasione". Bret Stephens su Nyt fa un'analisi alternativa della performance del Cremlino. "È sempre più saggio trattare il tuo avversario come un astuto volpone invece che come un pazzo"
"È sempre più saggio trattare il tuo avversario come un astuto volpone invece che come un pazzoide", scrive sul New York times l'editorialista premio Pulitzer Bret Stephens.
Ex caporedattore del Jerusalem Post ed ex editorialista del Wall Street Journal, insieme ad altri giornalisti conservatori ebrei, è stato anche uno dei più accesi critici dell'ex presidente americano Donald Trump. Ora, sulle colonne del Times, Stephens apre a una lettura originale e insieme preoccupante dell'invasione russa in Ucraina. "Il senso comune è che Vladimir Putin abbia catastroficamente calcolato male le sue forze" prima di attaccare. E se invece non fosse così?
Stephens riassume l'interpretazione che molti esperti e osservatori occidentali danno delle mosse del Cremlino, quella che chiama la lettura di "senso comune": Putin "pensava che gli ucraini di lingua russa avrebbero accolto le sue truppe a braccia aperte. E invece non l'hanno fatto. Pensava che avrebbero rapidamente deposto il governo di Volodymyr Zelensky. E invece non l'hanno fatto. Pensava di dividere la Nato. È invece l'ha compattata. Pensava di aver reso la sua economia a prova di sanzioni. E invece l'ha mandata a rotoli. Pensava che i cinesi lo avrebbero aiutato. E invece stanno evitando di esporsi. Pensava che il suo esercito moderno avrebbe fatto carne trita delle forze ucraine. Sono invece gli ucraini a farlo, almeno su alcuni fronti. Gli errori di calcolo di Putin sollevano interrogativi sul suo giudizio strategico e sul suo stato mentale". Insomma, riassume Stephens, "diversi analisti hanno paragonato Putin a un topo messo alle strette, più pericoloso ora che non ha più il controllo degli eventi. Dovremmo dargli una via d'uscita sicura dall'angolo in cui si è rinchiuso da solo".
Fino a qui la lettura di "senso comune", appunto. Che – ammette l'editorialista del Nyt – è comunque "del tutto plausibile". Ma se fosse sbagliata? E se l'Occidente stesse ancora una volta facendo il gioco di Putin?
Questa possibilità, dice il giornalista, è suggerita dal ricordo dell'assedio russo di Grozny, durante la prima guerra cecena a metà degli anni Novanta. "Nelle fasi iniziali del conflitto, combattenti ceceni molto motivati hanno spazzato via una intera brigata corazzata russa, sbalordendo Mosca. Allora i russi si sono ritirati e, da lontano, hanno raso al suolo Grozny, usando l'artiglieria e la forza aerea. Oggi la Russia opera pescando tattiche dallo stesso 'playbook'. Quando gli analisti militari occidentali sostengono che Putin non può vincere militarmente in Ucraina, quello che vogliono dire veramente è che non può vincere giocando pulito. Ma quando mai Putin ha giocato pulito?"
"Supponiamo per un momento che Putin non abbia mai avuto intenzione di conquistare tutta l'Ucraina", prosegue il premio Pulitzer, ma che "fin dall'inizio, i suoi veri obiettivi fossero le ricchezze energetiche dell'est del paese, che contiene le seconde più grandi riserve note di gas naturale d'Europa (dopo quelle della Norvegia). Sommando a ciò i precedenti sequestri territoriali della Russia in Crimea (che ha enormi giacimenti energetici offshore) e nelle province orientali di Luhansk e Donetsk (che contengono parte di un enorme giacimento di gas di scisto), così come il tentativo di Putin di controllare la maggior parte o tutta la costa ucraina, e le reali ambizioni di Putin prendono forma chiaramente. Non è interessato a riunire il mondo di lingua russa ma piuttosto di garantirsi il dominio energetico. 'Con il pretesto di un'invasione, Putin sta eseguendo un'enorme rapina', ha detto l'esperto di energia canadese David Knight Legg. Quanto a un'Ucraina rimasta per lo più senza sbocco sul mare, questa diventerebbe probabilmente un caso di welfare per l'occidente, che dovrebbe anche reinsediare i rifugiati in nuove case in territori al di fuori del controllo russo. Col tempo, una figura simile a Viktor Orban potrebbe prendere la presidenza ucraina, imitando lo stile politico da uomo forte che Putin preferisce nei suoi vicini. Se questa analisi è giusta, allora Putin non sembra stia sbagliando i calcoli".
Ultimi tasselli: "Prendere di mira i civili", dice Stephens, sarebbe "un modo per compensare l'incompetenza delle truppe russe: l'uccisione di massa di civili esercita un'enorme pressione su Zelensky" che così potrebbe cedere su "ciò che Putin ha sempre chiesto: concessioni territoriali e neutralità ucraina". Richieste che faranno sempre più presa su un occidente – aggiunge il giornalista – che vuole vedere diminuire le vittime civili, soprattutto se è convinto che un Putin mentalmente instabile sia pronto a usare le armi nucleari.
"All'interno della Russia, la guerra ha già servito la politica di Putin per altri scopi. Molti dissidenti sono entrati esilio autoimposto. Ciò che rimaneva della stampa libera è stata chiusa, probabilmente per sempre". Infine, l'incompetenza dell'esercito russo potrebbe portare a epurazioni ben mirate e fatte dall'alto. E la ricchezza proveniente dalle nuove fonti di energia conquistate della Russia potrebbe alla fine aiutare Mosca a liberarsi dalla morsa delle sanzioni. "Questa analisi alternativa potrebbe essere sbagliata", conclude Stephens. "Ma in guerra, nella politica e nella vita, è sempre più saggio trattare il tuo avversario come una volpe che come un pazzo".
(Traduzione di Enrico Cicchetti)
Isteria migratoria