Da Londra al giudice americano

Stiamo tornando indietro, alla politicizzazione della mascherina

Paola Peduzzi

La rivolta degli insegnanti inglesi pro mask e il messaggio del giudice Gorsuch

Il Regno Unito ha allentato le misure restrittive contro la pandemia e le nuove regole inizieranno a entrare in vigore dalla settimana prossima. Boris Johnson ha deciso per un “liberi tutti” piuttosto pronunciato e i maligni dicono che abbia voluto fare le cose in grande per distrarre l’attenzione dalla sua crisi politica dettata dal partygate: quasi invade lui l’Ucraina piuttosto di parlare d’altro, sussurra qualcuno. In questo piano di liberazione però una decisione in particolare sta creando una gran rivolta, anche giustamente: il governo ha levato l’obbligo di mascherina ovunque, tranne che sui mezzi pubblici, ma insegnanti e presidi non sono affatto contenti di ritrovarsi con gli studenti in classe (delle scuole secondarie) senza mascherine. Avevano già chiesto al governo di non dare ascolto ai ragazzi, che insistevano per poter stare senza mascherina in aula, e ora che hanno scoperto di essere rimasti inascoltati stanno protestando e inviando mail ai genitori: checché ne dica il governo, siete pregati di dire ai vostri figli di indossare comunque la mascherina.

 

Questa discussione sembrava superata: poiché il coronavirus si trasmette per via aerea – scorticarci le mani con il disinfettante o sanificare i pacchi Amazon sul pianerottolo s’è rivelato meno urgente di premurarsi di entrare in un ascensore, anche da soli, con una mascherina – la mascherina è una protezione adeguata. Con una variante così contagiosa come Omicron ancora di più. Ma è riemersa l’insofferenza da mascherina che caratterizzava le persone che poi si sarebbero spostate su posizioni no vax e no green pass: la mascherina vìola la libertà individuale. Negli Stati Uniti, il paese in cui la polarizzazione sull’approccio alla pandemia è più marcata, la mascherina era diventata una cosa di sinistra e a destra, in area trumpiana ma non solo (e comunque le aree conservatrici non trumpiane sono sempre più esigue), levarsi la mascherina era diventato un gesto politico. Parlare al passato forse non è corretto, a giudicare da quel che è accaduto alla Corte suprema. E’ scoppiata una polemica che pare pretestuosa: una giornalista dell’Npr che si occupa della Corte ed è considerata molto brava, Nina Totenberg, aveva detto che il giudice conservatore Neil Gorsuch, nonostante le richieste del presidente della Corte, John Roberts, si era rifiutato di indossare la mascherina costringendo così la giudice liberal Sonia Sotomayor a collegarsi da remoto per i lavori della Corte: ha una forma grave di diabete, deve stare attenta.

 

Il resoconto della Totenberg è stato ripreso e commentato con durezza soprattutto dai media liberal (ma anche alcuni commentatori conservatori sono stati molto critici), che in sintesi dicevano: Gorsuch dovrebbe vergognarsi e stare a casa lui, non la Sotomayor. Un comunicato della Corte ha messo fine a quello che probabilmente è stato un fraintendimento: non c’è stato nessuno scontro, i due giudici collaborano contenti e non c’è stata nessuna mancanza di rispetto. Chi si occupa di Corte suprema sta indagando ancora (è un momento in cui la credibilità dei giudici è messa in discussione con insistenza: soprattutto il presidente Roberts che pare non riesca a tenere a bada i colleghi), ma al di là dell’evento specifico c’è da notare che in alcune immagini collegiali il giudice Gorsuch è senza mascherina. Ora, perché il rappresentante di una delle istituzioni più famose e autorevoli del mondo dovrebbe ancora voler usare la (non) mascherina come atto dimostrativo? Non è facile trovare una risposta rassicurante.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi