Varsavia boccia una legge per equiparare aborto e omicidio

Micol Flammini

La proposta di iniziativa civica va ben oltre le battaglie pro life e non è piaciuta neppure al PiS. Il rischio di una battaglia identitaria 

Il Parlamento polacco ha bocciato in prima lettura il progetto di legge “Stop aborto” presentata dalla fondazione Pro-Prawo do Zycia, Per il diritto alla vita. Il progetto, di iniziativa civica, era molto duro e puntava ad equiparare l’aborto all’omicidio, a introdurre il divieto totale all’interruzione di gravidanza e a punire le persone coinvolte, donne incinte comprese, con le pene previste per l’omicidio, incluso l’ergastolo

 

Un passo troppo estremo anche per la  Polonia, dove è stata introdotta una legge sull’aborto molto restrittiva, che inasprisce una norma già molto ostile nei confronti dell’interruzione di gravidanza, e che la rende possibile solo in caso di pericolo di vita per la madre e in caso di stupro. La nuova norma ha creato molta confusione, soprattutto tra i medici che hanno denunciato di aver ricevuto pressioni costanti. L’episodio più grave è stato la morte di Izabela, una donna di trent’anni di Pszczyna, morta in seguito alla rottura prematura delle membrane: i medici, per cercare di interpretare la legge, hanno atteso che il cuore del bambino smettesse di battere prima di operarla. La donna è morta per shock settico. L’episodio aveva portato in piazza tutta la Polonia, anche l’opposizione  conservatrice, e aveva fatto venire fuori tutti i tormenti dei medici degli ospedali polacchi, ma da parte del governo non c’è stato nessun passo indietro, nessuna esigenza di rendere più chiara la formulazione della legge.

 

Il nuovo progetto di legge bocciato giovedì 2 dicembre è sembrato eccessivo anche  al PiS. Tutti i partiti, tranne l’estremissima destra di Konfederacja, erano a favore della bocciatura immediata. Del PiS si era espressa con chiarezza la deputata Anita Czerwinska, dicendo che non si tutela la vita facendo paura alle donne: “Non è mai stato accettabile nella nostra cultura punire una donna, o chiunque altro, per essersi salvata la vita”. Il PiS ha così votato per la bocciatura. La legge sull’aborto è diventata un terreno di scontro politico molto acceso in Polonia, le proteste delle donne continuano sostenute da tutti partiti di opposizione. Il Po, Piattaforma civica, e Polska2050, sono due partiti di opposizione e sono conservatori, hanno più volte ripetuto di essere contrari all’aborto, ma questa volta stanno con chi manifesta, perché l’ossessione con cui   la politica polacca si sta mettendo sull’aborto va oltre ogni battaglia pro life e  si è trasformato in una questione identitaria che fa perdere fiducia nel governo.  

 

Entro il primo luglio tutti i dati medici dei pazienti dovranno essere digitalizzati in un sistema che sarà comune a tutta la Polonia, il ministero della Salute ha detto  che è semplicemente una questione di organizzazione e che solo il personale medico potrà avere accesso, non il governo. Nei dati dovrà essere inserito tutto, anche la gravidanza di una paziente. Lo  stato di tensione è talmente  alto e il dibattito sull’aborto talmente politicizzato che subito l’informatizzazione del sistema sanitario è stata ribattezzata “il registro delle gravidanze”. E’ complesso capire da che parte stia il governo, che comunque sottolinea che sarà il paziente ad acconsentire alla registrazione nel nuovo sistema e non c’è nessuna intenzione di mantenere il controllo sulle donne incinte. I dubbi sulle intenzioni di questa mossa sono venuti a molti, un registro delle gravidanze sarebbe una mossa  illiberale intollerabile. 

 

La Polonia è un paese con gravi problemi demografici. La stretta sulle gravidanze, l’ansia di controllo, i progetti di legge che puntano a equiparare omicidio e aborto mascherati da battaglie pro life, la consapevolezza che i confini poco chiari della legge creino una condizione di confusione rischiosissima negli ospedali, non serviranno a curare i problemi di natalità della Polonia. 

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  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.