Editoriali

Nella crisi in Macedonia del nord ci sono anche responsabilità europee 

Redazione

Le dimissioni del primo ministro macedone provano che l'Unione europea non riesce a influenzare gli eventi nemmeno nel suo vicinato

L’Unione europea ha una pesante responsabilità nella sconfitta alle elezioni locali e le conseguenti dimissioni di Zoran Zaev da primo ministro della Macedonia del nord. La crisi economica e la pandemia hanno facilitato la netta vittoria dei nazionalisti. Ma il colpo di grazia a Zaev è arrivato dal mancato avvio del processo di adesione della Macedonia del nord. La Commissione ha certificato che il paese aveva realizzato tutte le riforme richieste per convocare la conferenza intergovernativa che deve dare inizio ai negoziati. Ma non se n’è fatto nulla a causa di un veto della Bulgaria e di continui sabotaggi della Francia. Zaev era una delle rare voci moderate e riformiste presenti nella Macedonia del nord. Nel 2018 aveva negoziato l’accordo storico con la Grecia sul nome del suo paese. Nel 2020 aveva fatto entrare la Macedonia del nord nella Nato. Ma, di fronte ai rifiuti continui dell’Ue di onorare la sua parte del contratto nel processo di allargamento, gli elettori hanno scelto di mandarlo a casa.

 

Ursula von der Leyen dice che l’Ue vuole essere geopolitica. Emmanuel Macron predica l’autonomia strategica dagli Stati Uniti. Ma le loro pretese vengono smentite dalla realtà di un’Ue che non riesce nemmeno a influenzare gli eventi nel suo vicinato. Anche in Albania il percorso riformatore di Edi Rama si è fermato a forza di vedersi sbattere in faccia la porta dell’Ue. In Bosnia-Erzegovina la Serbia soffia sul fuoco separatista della Republika Srpska. Al di là dei candidati all’adesione, c’è l’Europa dell’est che aspira all’Ue per liberarsi dall’influenza russa. L’Ucraina è sotto costante minaccia militare. La Moldavia, dopo che Gazprom ha tagliato il gas, è stata costretta a firmare un nuovo accordo che mette in discussione l’avvicinamento all’Ue. La Georgia è in mezzo a una lunga crisi politica. Russia e Cina gongolano, mentre l’Ue tradisce i satelliti vicini spingendoli a lasciare l’orbita pro occidentale.