Il presidente russo Vladimir Putin (LaPresse)

Elezioni in Russia

Che cosa vuol fare Putin dopo il voto

Anna Zafesova

Il presidente è in autoisolamento per il Covid ma lo è anche e soprattutto di fatto 

Il vero giallo delle elezioni alla Duma è stato l’orologio di Vladimir Putin, che nella ripresa in cui il presidente votava online segnava il 10 settembre. Un numero vicino alla realtà quanto i dati elettorali dei tre giorni di voto che si sono conclusi domenica, restituendo al partito di governo Russia Unita la maggioranza costituzionale nella camera bassa del Parlamento. Il 49 per cento di Russia Unita, quanto il 19 per cento del Partito comunista, è indicativo soltanto della misura di controllo che il Cremlino ha esercitato sulla macchina statale e sui media, e forse l’unico dato davvero interessante è quell’affluenza intorno al 45 per cento che conferma che non è più stagione di plebisciti e che il regime ha preferito convincere tutti gli scontenti a rimanere a casa, con le buone o con le cattive, e di andare sul sicuro con il voto elettronico e quello organizzato di dipendenti pubblici, militari e altri fedelissimi. 

 

Elezioni Russia, come sono andate per il presidente Vladimir Putin
 

Il risultato del voto per la Duma non interessa tanto per il risultato finale, quanto per il metodo con cui è stato ottenuto. Il Cremlino ha messo da parte praticamente qualsiasi remora e parvenza di regole democratiche: centinaia di oppositori erano stati bloccati ancora nella fase della candidatura, gli osservatori internazionali ostacolati, le webcam antibrogli nei seggi smantellate. La giornata del voto è stata costellata da episodi di denunce di brogli, e di candidati e osservatori che venivano buttati fuori dai seggi, minacciati o addirittura arrestati. I risultati dello spoglio nelle circoscrizioni uninominali – dove viene eletta metà dei 450 parlamentari, e dove Alexei Navalny sperava di infliggere colpi pesanti ai putiniani con la sua lista del “voto intelligente” – si sono ribaltate al 99 per cento delle schede scrutinate, sempre a favore dei candidati ufficiali, mentre il ritardo nella pubblicazione dei dati del voto elettronico ha spinto perfino un leale sostenitore del Cremlino come il leader del Pc Gennady Zyuganov a chiedere di invalidare lo spoglio. Ma il rischio di vedere le elezioni non riconosciute dalla comunità internazionale è stato considerato secondario rispetto al mantenimento del controllo sul sistema.
 


Putin, che rimane in auto isolamento (non si sa quanto diplomatico) dopo l’ondata di casi di Covid tra la sua servitù, evitando quindi di presenziare sia al vertice del gruppo di Shanghai sia alle Nazioni Unite, è in qualche modo simbolico di questa stagione politica a Mosca. Il fronte principale è quello interno, fuori non aspetta nulla di promettente e gratificante, mentre dentro la Russia è necessario serrare le file. Il voto per la Duma è stato un segnale non tanto al mondo – con le pressioni a Google e Apple per oscurare i siti e le app con le raccomandazioni di voto dell’opposizione – quanto ai russi. Agli elettori è stato fatto capire chiaramente che la loro partecipazione alla vita politica non è più richiesta, e che non possono cambiare nulla. Ma il vero messaggio è alle élite, ed è quello di lasciare ogni speranza, soprattutto in vista della partita che si dovrebbe aprire nel 2024, quando Putin dovrebbe terminare il suo quinto mandato presidenziale.
 
Il sistema risponde al sentimento di protesta sempre più diffuso – dalle proiezioni e dalle testimonianze degli osservatori indipendenti, in realtà i comunisti e i candidati sostenuti dai navalniani (che nel 61 per cento dei seggi hanno chiesto ai loro seguaci di dirottare il voto sugli esponenti del Pc) avrebbero vinto in numerose circoscrizioni – con una tolleranza zero. Russia Unita si prende 198 circoscrizioni uninominali su 225, incluse le 15 di Mosca e le 8 di Pietroburgo, un risultato impossibile e Navalny dal carcere rivendica 12 seggi moscoviti e 7 pietroburghesi. Ma è proprio la brutalità delle falsificazioni a essere il senso dell’operazione: per quei clan di potere che, per dirla con Putin, “si stanno già guardando intorno” per la successione al Cremlino, è un monito molto chiaro. Un cambio di regime grazie a elezioni oneste e manifestazioni contro i brogli – la strada proposta da Navalny – è ormai impraticabile, perché a un aumento dello scontento il Cremlino ha reagito con un incremento della repressione.

 

Ora, l’obiettivo principale è tacitare lo scontento all’interno dell’establishment. Dove i comunisti, finora “opposizione di Sua Maestà”, potrebbero diventare il fronte più vulnerabile: il loro 77enne leader potrebbe allearsi con Putin nel tentare di far girare all’indietro le lancette dell’orologio, ma dovrebbe vedersela con un partito ringiovanito, che si rende sempre più conto di poter vincere le elezioni per davvero.

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