Cosa c'entrano 358 "gatti grassi" con il rapporto della Commissione sullo stato di diritto

Micol Flammini

Non solo Orbán, anche il PiS polacco ha il suo schema clientelare e dal 2015 è riuscito a mettere nelle aziende pubbliche amici e familiari dei politici più o meno importanti. E' la logica del populismo

La Commissione ha presentato ieri il rapporto annuale sullo stato di diritto e ha concluso che la situazione tra i paesi membri dell’Ue è complessivamente positiva, ma rimangono “sfide chiare e persistenti in alcuni stati membri per quanto riguarda l’indipendenza della magistratura, la libertà dei media e il pluralismo”. L’attenzione è rivolta in parte verso la Slovenia e soprattutto verso l’Ungheria e la Polonia, alla quale la Commissione ha lanciato anche un ultimatum: se Varsavia non accetterà di conformarsi alle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue), la Commissione chiederà di imporre delle sanzioni. Riguardo all’Ungheria il rapporto si sofferma non soltanto sulla situazione dei media ma anche sulla rete clientelare e di corruzione che il premier Viktor Orbán ha costruito. Questo sistema desta molte preoccupazioni nella Commissione che teme che anche i soldi  del Recovery possano essere usati  per sistemare amici e parenti del premier e per rafforzare suoi poteri. In questi anni, nonostante la retorica populista, Orbán ha dimostrato che il popolo c’entrava poco con le sue battaglie e mentre gli ospedali e le scuole rimanevano senza attrezzature, era in grado di garantire appalti a persone vicine al suo partito per la costruzione di stadi. E’ la logica del populismo, che anche il partito PiS, che governa in Polonia, seppur con meno clamore, ha seguito. Jaroslaw Kaczynski non è carismatico quanto Orbán – anzi, non lo è affatto – ma ha idee molto simili, anche per quanto riguarda la gestione dello stato. Sul sistema clientelare polacco costruito dal PiS si è sempre indagato meno per due motivi principali. Il primo è da cercare nel carattere di Kaczynski: sottotono, riservato, meno appariscente  nelle sparate anti europee. Il secondo invece sta nel fatto che il PiS gode della buona gestione dello stato fatta da chi l’ha preceduto: il Po, il partito di Donald Tusk. La Polonia è un motore ben oliato e di questo il PiS ha potuto beneficiare, ma non si è astenuto dal premiare le sue simpatie. 

 

Una delle frasi che Kaczynski ama ripetere è che “non si entra in politica per fare soldi”, è molto a effetto e dal facile consenso, quindi la ripete spesso, ma uno dei partiti di opposizione, il Psl, si è messo al lavoro su una mappa di tutti i familiari e amici di politici del PiS che sono stati assunti in aziende pubbliche dal 2015 a oggi. Ne ha trovati 358 e li ha soprannominati i “gatti grassi del PiS”. Questi 358 nomi sono poi stati divisi in squadre. C’è il “team Morawiecki”, che comprende le persone legate al primo ministro. Il “team Duda”, uomini e donne del presidente. Il “team Kaczynski” e così via. La lista è stata ripresa da tutti i giornali di opposizione e il PiS, che in questi giorni sta lavorando a una legge per limitare l’indipendenza della rete televisiva Tvn24, tra le più seguite del paese, non ha commentato. Il partito di governo è in calo nei sondaggi, le sue alleanze nella maggioranza tremano e soprattutto è tornato in Polonia Donald Tusk e gli effetti si vedono già: il suo partito sale e gli altri scendono. per questo il PiS sta inasprendo lo scontro con l’Ue e anche per questo è tornato ad attaccare la libertà di stampa. 

 

La pandemia è servita anche a smascherare quanto poco pensassero al popolo i populisti e questo è accaduto pure al solido PiS polacco, il cui acronimo sta per Diritto e giustizia, “Prawo i sprawiedliwoscść”, ma che in molti, soprattutto dopo la pubblicazione della mappa dei “gatti grassi”, chiamano ormai “Pieniadze i spolki”: soldi e società. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.