Il ritorno di Tusk in Polonia ha un sapore europeo

Micol Flammini

Il leader polacco è caratterizzato dal guizzo e dal graffio, torna a Varsavia con degli obiettivi precisi e sfide molto difficili: è il momento di trasferire nel suo paese le battaglie per la democrazia e i valori dell'Ue che da sette anni porta avanti a Bruxelles

Donald Tusk torna in Polonia e c’è chi lo accoglie da eroe, chi sbuffa, chi applaude, chi fischia e chi  lancia sospiri di sollievo.  Donald Tusk potrebbe essere sì la soluzione agli scricchiolii del partito che ha fondato nel 2001, Piattaforma civica (Po), ma anche un catalizzatore di scontento da parte del principale partito rivale, il PiS, che governa la Polonia dal 2015 con politiche illiberali. Tornando, Tusk si rimette in gioco, perché ha capito che la battaglia che sta portando avanti presso le istituzioni europee da sette anni, è arrivato il momento di condurla in patria. Tusk ha un’idea di Europa molto chiara, è stato per due volte presidente del Consiglio europeo, ora è  presidente del Partito popolare europeo, è un europeista vorace, un atlantista entusiasta, un feroce contestatore di ogni deriva autoritaria. Ancor più se la deriva avviene nel suo paese. In questi sette anni è cambiato lui, ma  è cambiata anche la Polonia e i cambiamenti di quel paese che ha governato, capito, curato per tanti anni, ora dovrà appuntarseli tutti e studiarli. Molti non gli piaceranno. 

 

Il primo obiettivo del  ritorno è prendersi cura del suo partito, che dalla sua partenza per Bruxelles nel 2014  non ha fatto altro che perdere voti. Ha faticato a trovare leader carismatici come lui e non ha mai cambiato il suo programma elettorale. Va smosso, svecchiato, va sovraeccitato. La maggior parte dei suoi compagni di partito è contenta del suo ritorno, ma c’è chi invece crede che possa essere soltanto un danno in più. Tra gli scettici c’è anche il sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski, che lo scorso anno è riuscito a rianimare i suoi durante la campagna elettorale per le presidenziali: mettendo in piedi una campagna elettorale brillante e insperata è arrivato al ballottaggio contro Andrzej Duda, perdendo di poco. L’arrivo di Tusk, secondo il sindaco,  chiude la strada alle sue ambizioni e aggiunge un problema in più: lo stigma del tuskismo. Alla Piattaforma civica, e in particolare a Tusk, il PiS ha attribuito molte colpe: la perdita della sovranità da parte della Polonia, l’ingerenza della Germania nell’economia polacca, e le derive morali. Proprio ora che perde pezzi e punti nei sondaggi, il PiS avrebbe modo di riproporre le accuse che tanto bene hanno catalizzato l’attenzione dei polacchi nell’ultimo periodo. Trzaskowski non condivide le accuse del PiS, ma vedeva in questo, il momento perfetto per lanciare i nuovi volti del partito. 

 

Tusk in questi anni ha dimostrato di essere capace di guizzi e di graffi, e Jaroslaw Kaczynski, il leader del PiS e rivale storico, ha già commentato il suo ritorno: nel fine settimana, durante il congresso in cui è stato rieletto a capo del partito ha detto  che Tusk sta tornando per fare gli interessi della Germania. Per Kaczynski  questo sarà il suo ultimo mandato alla guida del PiS, è stanco e non riesce a trovare un successore. Tusk è più energico e  ha una rete di contatti molto vasta e importante. Sa benissimo che il suo partito da solo non può vincere contro il PiS e i suoi alleati, per cui dovrà costruire un fronte comune vasto ma coeso e in grado di offrire un’alternativa migliore alla Polonia. La sua Piattaforma civica si è ristretta, i sondaggi dicono che è stata superata anche da Polska2050, il partito del giornalista conservatore Szymon Holownia, che non ha mai avuto esperienze di governo, ma che ai polacchi piace. Holownia è una delle novità della nazione con cui Tusk dovrà confrontarsi. 
L’ex premier, ex presidente del Consiglio europeo, ancora presidente del Ppe, ha detto che dovrà dedicarsi alla politica polacca “al cento per cento”, lascerà le  mansioni in Ue, ma il suo ritorno ha un grande sapore europeo: la Polonia e l’Ue affondano assieme e si salvano assieme. Per salvare l’Ue, bisogna salvare la Polonia. Ed è meglio farlo in un periodo che per Bruxelles è anche favorevole, manifesti programmatici delle destre a parte. Tusk è tornato per unire e salvare, la sfida sarà difficile, ma non vuole che il suo ritorno sia da eroe: le elezioni sono tra due anni, adesso è il momento di mettersi a lavoro. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.