Drama power

Così la Cina nelle serie tv promuove il concetto di unicità di pensiero

Priscilla Ruggiero

Si chiama wenhua ruan shili ed è la strategia di soft power culturale adottata dal presidente della Repubblica popolare Xi Jinping per creare consensi

I drama, in cinese dianshiju, sono le lunghissime serie tv famose in tutta l’Asia e da qualche anno anche in occidente. Sono soap opera con caratteristiche cinesi; persone umili, rispetto e valori confuciani sono i temi dominanti. Se fino a qualche anno fa lo strapotere in questo settore era tutto americano, oggi non è più così. La Cina ha rafforzato la propria strategia mediatica: si chiama wenhua ruan shili ed è la strategia di soft power culturale adottata dal presidente della Repubblica popolare Xi Jinping per creare consensi. Dal 2018 il Dipartimento centrale di propaganda ha aumentato il controllo sui media televisivi; i drama fanno parte di questa operazione, si rivolgono ai giovanissimi e promuovono il concetto di unicità di pensiero. La priorità è quella di trasmettere un’immagine positiva della Cina e del partito. 

In “Well-intended love” i protagonisti stipulano un finto patto matrimoniale, che è una pratica diffusa in Cina a causa della forte pressione sociale e familiare. A sorpresa però i due si innamorano e il matrimonio si fa reale, con tanto di figlio in arrivo. E’ un finale frequente; in molti drama cinesi si nota il palese tentativo da parte del partito di incentivare a fare figli. Questo per ovviare al problema dell’invecchiamento demografico a causa della politica del figlio unico. In ”Go go squid!” la protagonista è iscritta a un corso di programmazione informatica e non è un caso: Xi negli ultimi anni ha deciso di investire molto su intelligenza artificiale e nuove tecnologie; nelle scuole cinesi sono già materia di studio. L’obiettivo è completare la trasformazione della Cina entro il 2030 da “fabbrica del mondo” a potenza tecnologica più forte al mondo. Nella stessa serie sono chiari i riferimenti al partito. Il protagonista dice “se i giovani sono forti, la nazione è forte”, canticchia “amo la Cina” e passando davanti a piazza Tiananmen afferma che “il cuore gli si riempie d’orgoglio”. Si chiama “campagna per l’educazione al patriottismo” e l’obiettivo è riaccendere nei giovani l’orgoglio cinese e l’amor di patria, educando la popolazione alla storia in una chiave fortemente nazionalista. Anche dalle serie tv emerge che Xi, il “principe rosso”,  educa al nazionalismo in ogni aspetto della vita per coronare il “sogno cinese”.

E poi c’è la censura. A ogni riferimento alle “tre T”; Tibet, Taiwan, Tiananmen. Niente sesso e violenza né parolacce. Nessun riferimento agli uiguri. E le differenze di genere. Nella serie del 2018 “Meteor garden”, che spopolò in tutta l’Asia, ci sono riferimenti socio-culturali per cui in occidente ci faremmo più di una domanda. “Un bell’abito fa bella la donna” e ancora, “Si dice che una brava donna possa cambiare un uomo”. E sono soltanto esempi. I giovani cinesi sono consapevoli di essere manipolati. Molti di loro considerano normale questa situazione, ma per quelli che vorrebbero dire no alla censura e sono stanchi di essere vittime del soft power culturale, fatto di continua propaganda propinata tutti i giorni, non è così semplice.

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