La variante Bennett alle prese con i nuovi contagi in Israele

Micol Flammini

La strategia da seguire durante la pandemia il premier l'aveva già definita in un libro breve dal titolo molto lungo, uscito durante il governo di Netanyahu. Ora, il nuovo primo ministro la sta mettendo in pratica

Il premier israeliano, Naftali Bennett, quando ancora era all’opposizione, aveva scritto un libro breve dal titolo lunghissimo: “Come sconfiggere il Covid-19. La via per superare la crisi e condurre Israele verso la prosperità economica”. Era un compendio di consigli e anche di accuse nei confronti del precedente governo, che soprattutto agli inizi, non era riuscito a gestire al meglio la crisi. La strategia contro la pandemia che Bennett tracciava nel libro, a guardarla oggi, sembra scontata, ma lo scorso anno non lo era affatto. Suggeriva soprattutto di aumentare il numero di test e di rendere il tracciamento capillare. Si opponeva alla chiusura completa, che avrebbe danneggiato l’economia, proponeva delle restrizioni più selettive, il sistema a semaforo oggi utilizzato in Israele,  e soprattutto di trasferire  la gestione della crisi nelle mani dell’esercito. Il libro è stato pubblicato lo scorso anno,   e quando il governo di Benjamin Netanyahu e Benny Gantz aveva iniziato a seguire alcune delle misure suggerite anche da Bennett, qualcuno aveva mormorato che l’attuale premier fosse molto dispiaciuto di non vedersi riconosciuti i suoi meriti. 

 

Ora Bennett ha la sua occasione per dimostrare di avere le capacità, e soprattutto le idee chiare, per gestire l’emergenza. I casi di coronavirus  sono tornati a salire, la città di Binyamina è diventata zona rossa, le nuove infezioni sono partite da una scuola e molti abitanti sono in quarantena. Secondo il ministero della Salute nella cittadina di quindicimila abitanti, il 60 per cento della popolazione è completamente vaccinato, il 63 ha ricevuto almeno una dose. L’aumento dei contagi è dovuto alla variante Delta e il premier ha invitato i cittadini ancora non vaccinati ad affrettarsi, e a immunizzare i bambini gli  adolescenti, visto che il nuovo focolaio è partito da una scuola. “Il nostro obiettivo – ha detto Bennett – è fermare l’epidemia, prendere un secchio d’acqua e versarlo sul fuoco quando il fuoco è ancora piccolo”. Niente panico, soltanto qualche precauzione in più. Soprattutto per quanto riguarda gli spostamenti. Bennett ha invitato gli israeliani a non spostarsi se non per assoluta necessità e vorrebbe che i controlli all’aeroporto diventassero più rigidi. La data di ingresso dei turisti vaccinati è stata spostata al primo agosto. 

 

 

L’idea del premier è quella di proteggere, vaccinare, e fare un passo indietro, se necessario: l’obbligo di mascherina al chiuso potrebbe tornare. “I vaccini che abbiamo scadranno per lo più entro la fine di luglio – ha spiegato Bennett – significa che per completare le due dosi, è necessario ricevere il primo vaccino entro il 9 luglio. Abbiamo abbastanza scorte per tutti, ma per chi non sarà vaccinato entro il 9 luglio, non avremo vaccini per dopo”. Bennett potrà finalmente fare le cose a modo suo, ha promesso più trasparenza e di non mischiare la politica con l’emergenza sanitaria. Ha anche potuto costituire una squadra come la voleva lui – a Netanyahu aveva rimproverato il fatto che alcuni dei nomi scelti per gestire la crisi non fossero all’altezza – e al suo interno ci sono, oltre a lui, anche i maggiori rappresentanti delle forze politiche del suo  governo. 

 

Quando aveva pubblicato il libro, era lontana l’idea di Bennett di diventare primo ministro. Tra le pagine  Netanyahu non è mai nominato, ma Bennett racconta la crisi attraverso il ruolo che aveva nei primi mesi della pandemia. All’epoca, prima che il premier formasse il governo con Benny Gantz, era ministro della Difesa e non capiva perché Netanyahu si affidasse di più al ministero della Salute che al suo per i test e il tracciamento. Ora la strategia è nelle sue mani, i tempi sono molto diversi rispetto a un anno fa, e Bennett sembra avere le idee molto chiare. Proprio, come un anno fa. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.