Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (LaPresse) 

Tutti promossi

Sui piani del Recovery l'Ue chiude un occhio

David Carretta

Raccomandazioni non rispettate, riforme assenti. Ma la Commissione è generosa e nelle pagelle i voti sono positivi 
 

La Commissione europea si sta dimostrando generosa sulla componente delle riforme dei piani presentati dagli stati membri per ottenere le risorse del Recovery fund. Spagna, Francia, Germania, perfino Lussemburgo: per evitare ai governi troppi guai interni, la Commissione sembra aver chiuso un occhio sul rispetto di alcune raccomandazioni indirizzate in passato. Vale anche per l’Italia. “Le autorità italiane hanno incluso la riforma dell’Irpef nella narrazione del piano”, ma “non ci sono target e milestone”, spiega una fonte europea. Tradotto: la riforma del fisco promessa da Draghi non sarà una precondizione per ottenere i fondi del Recovery. 

 

Un anno fa, la condizionalità sulle riforme era stato uno dei temi più controversi nelle trattative per arrivare a un accordo sul Recovery fund. Il gruppo dei frugali – Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia –  si era battuto per imporre ai governi del sud riforme dolorose in modo da rendere più forti le loro economie ed evitare nuove crisi del debito sovrano. Dal Consiglio europeo del luglio 2020 erano usciti rivendicando un trionfo. Non solo la parola “ripresa” era stata affiancata dalla parola “resilienza”, ma avevano anche ottenuto un “freno di emergenza” per poter contestare i piani nazionali considerati troppo scarsi sulle riforme strutturali. La logica era duplice. Primo, usare la manna del Recovery fund come incentivo per fare le riforme politicamente difficili che erano state rinviate negli anni precedenti. Secondo, evitare che le risorse messe a disposizione dai contribuenti del nord venissero sprecate a causa della persistenza di problemi strutturali noti a tutti, ma che nessuno ha avuto il coraggio di affrontare. Il parametro su cui dovevano essere valutate le riforme erano le raccomandazioni specifiche per paese che la Commissione aveva indirizzato nel 2019 e 2020. O almeno “un sottoinsieme significativo” delle raccomandazioni specifiche, diceva il regolamento sulla Recovery and resilience facility. Ed è questa espressione  – “sottoinsieme significativo”  –  che è stata utilizzata dalla Commissione come alibi per chiudere un occhio di fronte alle reticenze di alcuni stati membri.

 

Nei primi piani di Recovey approvati finora dalla Commissione gli esempi non mancano. Tutti i paesi in pagella hanno ottenuto dieci voti “A” (compreso per il criterio del rispetto delle raccomandazioni specifiche) e un solo “B” (per la componente costi). Eppure la Spagna non ha presentato i dettagli delle riforme su mercato del lavoro e pensioni. Nonostante tre mesi di intensi negoziati con il governo di Pedro Sánchez, con pressioni per dare chiarimenti sui contenuti e il calendario della riforma del mercato del lavoro e delle pensioni, alla fine alla Commissione sono bastati vaghi intenti programmatici. La scusa è la necessità di discussioni tra il governo Sánchez e le parti sociali: “Il dialogo con gli stakeholder è una parte importante di NextGenerationEu”, si è giustificata un’altra fonte della Commissione. Qualcosa di simile è stato fatto con il Belgio, altro paese ad alto debito il cui piano sarà approvato formalmente oggi. Sulla riforma delle pensioni ci sono alcune milestone, ma senza specificazione precisa dei parametri del sistema previdenziale che emergerà. Un’altra raccomandazione indirizzata al Belgio era la riforma fiscale, che non è stata inclusa nel piano. “Gli stati membri hanno la ownership dei piani”, ha spiegato la fonte della Commissione. Oggi ci sarà il via libera del piano della Francia, ma nessuno si attende svolte rapide e significative sulla riforma delle pensioni.

 

Anche i piani di Recovery di alcuni paesi virtuosi sono carenti sul fronte delle riforme. Alla Germania nel 2019 e 2020 era stato raccomandato di aumentare in modo sostanziale gli investimenti pubblici e di adottare misure per salvaguardare la sostenibilità del sistema pensionistico. Nel piano approvato dalla Commissione non c’è nulla di tutto questo: l’esecutivo comunitario si è accontentato di una serie di misure di Berlino e Länder per rimuovere gli ostacoli agli investimenti. Al Lussemburgo erano stati chiesti interventi contro la pianificazione fiscale aggressiva. Ma il Gran ducato non ha accettato di toccare i vantaggi fiscali concessi alle multinazionali. La Commissione ha comunque dato il via libera al suo piano: “Visto l’ammontare degli aiuti (appena 93 milioni di euro, ndr) non potevamo chiedere troppo”, ha detto un terzo funzionario dell’Ue. La Commissione è stata molto più pignola sui parametri per valutare gli investimenti destinati a transizioni ambientale e digitale. “Mettere un doppio vetro non basta per aumentare del 30 per cento l’efficienza energetica”, spiegano alla Commissione. Resta da capire se ai frugali andrà bene così.

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