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L'ascesa di Bertrand, il gollista che ambisce pure al voto di Macron

Mauro Zanon

Se c’è una lezione da trarre da queste regionali è che la République en marche ha fallito la strategia di radicamento nel territorio. E forse il modo migliore per uscirsene potrebbe essere quello di scendere a patti con gli amministratori dei Républicains della provincia profonda

Quarantuno virgola trentanove per cento, pressoché il doppio del candidato lepenista Sébastien Chenu e il quadruplo del macronista Laurent Pietraszewski: un risultato che gli offre la certezza, o quasi, di essere rieletto domenica prossima alla guida della regione Hauts-de-France. Xavier Bertrand è il volto del riscatto del gollismo francese al primo turno delle regionali, il sussulto d’orgoglio di un’area politica che in questi anni è stata travolta dalle divisioni e indebolita da una crisi di identitaria senza precedenti, ma che domenica, alle elezioni regionali, ha mostrato di essere viva e non ancora una parentesi storica da archiviare. 

Abbiamo rotto le mascelle del Front national (vecchio nome dell’attuale Rassemblement national, ndr), la loro demagogia, le loro proposte sterili, la loro intolleranza”, ha esordito il vincitore del primo turno nella regione dell’estremo nord francese. “Abbiamo ridato orgoglio agli abitanti degli Hauts-de-France”, ha aggiunto. Bertrand, ex ministro del Lavoro di Sarkozy, è stato il primo politico a prendere la parola dopo la diffusione dei risultati, e ha tenuto a ribadire più volte nel suo discorso trionfale che “il suo unico nemico è il Front national” e tutti coloro che vorranno contribuire alla diga repubblicana anti lepenismo sono i benvenuti.  Il primo a raccogliere l’invito del gollista, domenica sera, è stato il segretario di stato per le Pensioni Pietraszewski, che non sarà presente domenica prossima perché non ha raggiunto la soglia minima per qualificarsi, fissata al 10 per cento. “Gli Hauts-de-France hanno bisogno di tutto tranne che dell’estrema incompetenza, dell’estrema indecenza, dell’estrema destra”, ha dichiarato il ministro di Emmanuel Macron. Come raccontato ieri dal Figaro, il messaggio di Pietraszewki è stato ricevuto forte e chiaro a Parigi e rilanciato dai quadri della maggioranza presidenziale. E c’è una curiosità, che non è certo sfuggita agli osservatori. Macron, ufficialmente domiciliato nella casa della moglie Brigitte a Le Touquet, nel dipartimento del Pas-de-Calais, è iscritto nelle liste elettorali degli Haut-de-France. Con la mancata qualificazione di Pietraszewski, l’inquilino dell’Eliseo non ha altra scelta che quella di votare per il presidente uscente, che alcuni definiscono “l’uomo da abbattere” per la macronia, ma che altri indicano come il nemico che potrebbe diventare migliore amico e alleato in vista delle prossime presidenziali. 

Se c’è una lezione da trarre da queste regionali è che la République en marche ( Lrem) ha fallito clamorosamente la strategia di radicamento nel territorio, e allora, visto che non c’è altra strada, il modo migliore per uscirsene potrebbe essere quello di scendere a patti con gli amministratori dei Républicains della provincia profonda, diluire il macronismo nel gollismo dei territori. L’abbraccio tra i due mondi, del resto, è già avvenuto nel Paca, la regione di Nizza e Marsiglia, dove la candidatura di Renaud Muselier è il frutto di un accordo molto commentato tra Lrem e Lr che potrebbe fermare l’ascesa del lepenista Thierry Mariani (quest’ultimo, dato come strafavorito, ha ottenuto domenica diversi punti percentuali in meno rispetto alle attese della vigilia: con il ritiro ufficiale della lista locale di sinistra in funzione anti Rn, la Le Pen rischia di non vincere neppure questa regione e di rimanere a zero come nel 2015). 

Resta da capire, ora, quali siano le intenzioni dell’ambizioso Monsieur Bertrand, candidato all’Eliseo per il 2022 con buoni sondaggi (nello spazio politico della destra moderata, è quello che raccoglie più favori in vista del primo turno: attorno al 15 per cento). Il presidente uscente degli Hauts-de-France lasciò i Républicains nel 2017 quando il populista conservatore Laurent Wauquiez ne prese la guida marginalizzando la corrente del gollismo sociale. Ma con l’uscita di Wauquiez nell’ottobre 2019, a favore del moderato Christian Jacob, è tornato ad ammiccare con il suo partito. Rachida Dati, che lo conosce bene, ha detto che è “il più affamato di tutti”. Di potere, si intende.