Rue du Faubourg-Saint-Honoré, dove ha sede il Siècle (Wikimedia commons) 

Le chiacchiere dell'élite

Al Siècle, salotto parigino, le signore trovano posto senza pretendere quote

Mauro Zanon

A una manciata di metri dall'Eliseo, il club della nomenklatura francese dove le donne si sono imposte per le loro capacità, per i loro meriti, per i loro talenti. E non "in quanto donne"

Al 33 di rue du Faubourg-Saint-Honoré, a una manciata di metri dall’Eliseo, c’è un palazzo che ogni ultimo mercoledì del mese accoglie delle cene superesclusive, riservate a 250 membri provenienti da qualsiasi orizzonte politico e culturale, e scelti in funzione delle loro conclamate qualità professionali. Sono le cene del Siècle, il club della nomenklatura francese, creato nel 1944 dal giornalista Georges Bérald-Quélin per riflettere sulla ricostruzione della Francia dopo la Seconda guerra mondiale. “Riunire persone con posti di responsabilità a prescindere dalle loro opinioni, a patto che attribuiscano una particolare attenzione ai problemi politici che riguardano l’evoluzione della società” è l’obiettivo messo in luce nel manifesto fondativo. Al Siècle, l’importante è far circolare le idee e mettere in relazione tra loro le varie fasce dell’élite francese.

 

Per molto tempo, questo cenacolo è rimasto precluso alle donne, come raccontato venerdì dal Figaro. “In occasione delle prime cene del club, si potevano incrociare la romanziera Lucie Faure accompagnata dal marito Edgar, ministro, o l’avvocato Madeleine Lagrange, che aveva ispirato la legge sulle ferie pagate nel 1936. Donne di carattere e di varie formazioni. Cinque anni dopo, furono congedate. Davano fastidio ai nostalgici dei vecchi club inglesi”, scrive il quotidiano parigino. Nel 1979, il futuro ministro della Giustizia di Mitterrand, Robert Badinter, fu protagonista di un gesto eclatante. Decise infatti di abbandonare Le Siècle “perché l’assenza di donne era semplicemente un nonsense. Era per me inconcepibile andare in un luogo in cui una persona come Françoise Giroud, una delle più grandi giornaliste dell’epoca, era esclusa perché donna”, ha detto al Figaro.

 

Con l’arrivo della gauche al potere negli anni Ottanta, il reclutamento si è diversificato, e hanno fatto il loro ingresso la giornalista Michèle Cotta, la scrittrice Françoise Chandernagor e il magistrato Simone Rozès. Ma non sono mai state instaurate delle quote: le donne si sono imposte per le loro capacità, per i loro meriti, per i loro talenti, e non “in quanto donne”. “Non sono favorevole alle quote. Non credo alla leadership di genere (…). Per me non esiste una differenza intrinseca tra gli uomini e le donne, ci sono delle differenze di personalità in funzione dell’educazione. Ho tre fratelli e una sorella. I miei genitori erano femministi e il fatto che io andassi a lavorare per la direzione camion di Renault non ha rappresentato un problema”, ha spiegato Patricia Barbizet, ex presidente del Siècle.

 

Sulla stessa linea anti quote, la direttrice d’orchestra Laurence Equilbey: “Nel mio campo, non c’è un modo maschile o femminile di dirigere un’orchestra. Amo la diversità”. Al Siècle, l’influenza al femminile è sempre più profonda: oggi le donne rappresentano il 27 per cento dei membri. Ma niente ossessione del 50-50, lascia intendere Muriel Beyer, la direttrice delle Éditions de l’Observatoire, anche perché oggi, a dirla tutta, “è meglio essere una donna se volete entrare al Siècle. Quindici anni fa, ce n’era una per ogni tavolo. Oggi, ce ne sono due o tre”

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