Un palestinese che lavora in Israele riceve la prima dose di vaccino Moderna al checkpoint con la Cisgiordania, 9 marzo 2021 (foto di Amir Levy / Getty Images) 

editoriali

L'Oms contro Israele

Redazione

Ok la pandemia, ma si trova sempre il tempo per denunciare lo stato ebraico

Alla settantaquattresima assemblea dell’Organizzazione mondiale della Sanità, in corso a Ginevra, i partecipanti si sono concessi una distrazione dalla pandemia, pur nel momento in cui, oltre alla campagna di vaccinazione globale, torna a essere rilevante il ruolo della stessa Organizzazione nel cercare di fare chiarezza sulle origini del coronavirus in Cina e sull’attività di disinformazione messa in campo dalla Cina  per nascondere le proprie responsabilità nei ritardi accumulati dal resto del mondo nella reazione alla pandemia. Il Covid ha naturalmente dominato il dibattito di quasi tutte le sessioni, ma martedì  un’altra questione è sembrata altrettanto urgente: condannare Israele per aver violato il diritto alla salute dei palestinesi e dei siriani sulle colline del Golan.

 

 

La risoluzione, sponsorizzata da Cuba, Turchia, Iraq, Arabia Saudita, Yemen, Libia, Pakistan, Sudan, Siria, Venezuela, Yemen, Emirati Arabi Uniti, Marocco e Bahrein (questi ultimi tre hanno da poco iniziato il processo di normalizzazione dei rapporti con Israele) e richiesta dalla delegazione palestinese presente all’assemblea, chiede che Israele non adotti una politica discriminatoria sui vaccini nei territori palestinesi, che rispetti il diritto alle cure degli abitanti e che ci sia un’indagine chiara sulle conseguenze non solo fisiche ma anche psicologiche dei “bombardamenti aerei protratti” sulla popolazione.

 

L’Oms si impegna anche a organizzare un’altra sessione simile all’assemblea del prossimo anno preparando un rapporto sulle “condizioni di salute nei territori palestinesi occupati, inclusa Gerusalemme est e il Golan siriano occupato”. C’erano molti assenti durante la votazione e  parecchi astenuti, ma la risoluzione è passata con il voto anche di Francia, Belgio, Portogallo e Spagna, ritrovandosi così assieme, per esempio, alla Siria, dove le strutture sanitarie sono bombardate dallo stesso regime e dalla Russia, o al Venezuela dove il sistema sanitario è al collasso e almeno sette milioni di persone  avrebbero bisogno di assistenza umanitaria. 
 

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