Appunti inglesi

La sinistra e il merito: il ritorno di un'idea impopolare

Per capire il dibattito sulle sinistre occidentali bisogna leggere la rivista New Statesman che sta facendo circolare molte idee. Quella di oggi è trattata quasi come una perversione, ma è la "memoria muscolare" del Labour

Paola Peduzzi

Wooldridge scrive che parlare di meritocrazia oggi sembra una provocazione perversa, visto che i leader della sinistra occidentale divorano saggi su quanto il merito abbia intrappolato le società contemporanee, ma la storia del Labour mostra come la meritocrazia sia stata “la più grande idea” mai abbracciata dalla sinistra, più della pianificazione e della contrattazione collettiva

Se si vuole capire il dibattito sulla sinistra occidentale, bisogna leggere la rivista britannica New Statesman. Nata all’inizio del Novecento come espressione della Fabian Society, ha avuto una stagione meravigliosa quando ci scrivevano Christopher Hitchens, Martin Amis, James Fenton, e oggi ha deciso di intestarsi il dibattito delle idee sul futuro del Labour, e quindi delle sinistre.

Il direttore Jason Cowley è alla guida del New Statesman dal 2008, dice di voler fare un giornale di sinistra per la sinistra, politico, culturale, letterario, e di essersi votato allo “scetticismo”, inteso come spirito critico e curiosità, cioè provare a pensare fuori dalle solite categorie. Non sempre gli è riuscito, ma in questo momento sì: la settimana scorsa ha pubblicato un saggio dell’ex premier Tony Blair sulla rifondazione del Labour che ha naturalmente scatenato molte critiche (a Blair, ma anche alla rivista), mentre nel numero pubblicato ieri la copertina è riservata a un saggio di Adrian Wooldridge, storica firma dell’Economist (si fa per dire: nessuno firma sull’Economist) e uno dei più attenti osservatori della politica anglosassone, e a un tema destinato a far discutere molto e di nuovo: la meritocrazia come punto di ripartenza, e di salvezza, del Labour.

 

Wooldridge scrive che parlare di meritocrazia oggi sembra una provocazione perversa, visto che i leader della sinistra occidentale divorano saggi su quanto il merito abbia intrappolato le società contemporanee, ma la storia del Labour mostra come la meritocrazia sia stata “la più grande idea” mai abbracciata dalla sinistra, più della pianificazione e della contrattazione collettiva. Anzi, quando il Labour ha preso le distanze dalla sua “big idea” è “stato due volte distrutto come partito di governo”: negli anni Ottanta e negli anni Dieci di questo secolo.

Nel 1945, il governo laburista si presentò alle elezioni dicendo di incarnare “l’ascesa della meritocrazia”, rielaborando l’ispirazione iniziale del partito, quando aveva trovato la sintesi tra liberali e socialisti: lo stato può essere più efficace del settore privato, soprattutto nell’istruzione e nella sanità, se seleziona le persone sulla base delle loro capacità e promuove il merito.

Era il fondamento del patto sociale di allora e può essere alla base, dice Wooldridge, della ricostruzione del Labour di oggi, contro i Tory tendenza oligarchia (i nuovi aristocratici) e contro il radicalismo egualitario dei Corbyn, che confondono élite e merito. C’è una memoria nei muscoli del Labour che spinge verso la meritocrazia: non è perversione, è salvezza.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi