Immagina i palestinesi senza Hamas

Daniele Raineri

Se la piazza capisse che il gruppo di fanatici che controlla Gaza ottiene soltanto guerre e blocca ogni speranza di soluzione

Tra poche ore o tra pochi giorni, ancora non lo sappiamo, anche questa guerra tra Israele e Hamas finirà senza alcun risultato. Anche questa volta, come nei tre round di violenza precedenti nel 2008, nel 2012 e nel 2014, Hamas ha fatto molti annunci grandiosi ma non ha ottenuto nulla. Anche questa volta è chiaro il dato di fatto, non fazioso, che la posizione dei palestinesi migliorerebbe di molto se non ci fosse Hamas. “Se non ci fosse Hamas” sarebbe un slogan per tutti i movimenti e le piazze filopalestinesi. “Se non ci fosse Hamas” sarebbe anche una constatazione ovvia, dopo quattordici anni di governo di Hamas a Gaza che non hanno portato a nulla se non a quattro guerre identiche e inutili. E invece siamo qui, ad aspettare che i mediatori egiziani annuncino il cessate il fuoco. Che durerà per un po’ e poi sarà rotto da un nuovo conflitto. E così via, almeno fino a quando “se non ci fosse Hamas” non diventerà la politica della maggioranza dentro e fuori i territori palestinesi. Forse mai, quindi.

 

Alla fine di questo conflitto i palestinesi non hanno guadagnato un solo metro di terra in più. Non uno dei problemi che i palestinesi denunciano – l’espansione delle colonie, il trattamento come persone di serie B, la brutalità delle forze di sicurezza israeliane, le restrizioni oppressive  – sarà stato risolto e nemmeno si sarà avvicinato alla risoluzione. Anzi, è il contrario: qualsiasi discussione è stata spazzata via. Prendiamo il caso del blocco della Striscia di Gaza imposto da Israele ed Egitto per contenere Hamas e frenare la sua ascesa militare. Com’è possibile negoziare con Israele un allentamento delle restrizioni se Hamas dopo anni di isolamento riesce a sparare tremila razzi sulle città israeliane in una settimana? Un movimento politico palestinese e di successo riuscirebbe a negoziare il ritorno alle condizioni di prima del 2007, quando il blocco non c’era. Quello è tutto territorio che Israele aveva dato ai palestinesi nel 2005 – e prima aveva trasferito altrove tutti i cittadini israeliani, anche con la forza – quando ancora l’idea era che Gaza diventasse un modello di successo di contiguità fra ebrei e palestinesi. Cosa che sarebbe accaduta se, appunto, non ci fosse Hamas. 

 
La “Battaglia Spada di Gerusalemme”, come Hamas ha chiamato questa campagna di bombardamenti incrociati con Israele, non ha migliorato in nulla le condizioni dei palestinesi di Gerusalemme est. I soli risultati sono le perdite fra i civili, in stragrande maggioranza dalla parte dei palestinesi di Gaza – i palestinesi uccisi dai bombardamenti sono ora 220 e tra loro 58 minori –  e le distruzioni materiali, anche in questo caso per la maggior parte dentro la Striscia di Gaza. Ci sono anche le perdite ingenti tra i combattenti delle fazioni armate – che però per ora sono tenute nascoste e in parte mischiate con quelle civili. E c’è il consumo di migliaia di missili delle batterie di Iron Dome, il sistema di difesa israeliano, e adesso le scorte dovranno di nuovo essere rifornite. Se un qualsiasi altro gruppo palestinese avesse conseguito questi risultati disastrosi avrebbe dovuto lasciare il posto a qualcun altro. Ma non potrà succedere perché la situazione a Gaza è bloccata. Finché c’è Hamas non c’è possibilità di miglioramento per i palestinesi, ma Hamas non se ne andrà. E quello a cui stiamo assistendo in questi anni è la sua progressiva normalizzazione e la normalizzazione di tutto quello che fa.

 

Ieri i due gruppi armati della Striscia, Hamas e il Jihad islamico, hanno pubblicato due video. Quello di Hamas dedicava il lancio di alcuni razzi a Shaher Abu Khadija, un palestinese che due giorni fa ha tentato di investire alcuni militari israeliani a Gerusalemme ed è stato ucciso. Quello del Jihad islamico celebrava il lancio di un razzo Qasim, che di speciale ha una testata con 400 chilogrammi di esplosivo.

 

Questo sabato in teoria era il giorno delle elezioni palestinesi per decidere la composizione dell’Assemblea. Le ultime sono state nel 2006 e c’era molta attesa. I sondaggi a fine marzo dicevano che Fatah era sopra al quaranta per cento e che Hamas era attorno al trenta, vuol dire che avrebbero dovuto trovare un compromesso per governare, o fra loro oppure con partiti minori. Però per Fatah c’era l’incognita di un paio di fuoriusciti di rango, Mohammed Dahlan e Nasser al Qidwa, che avrebbero potuto presentarsi con le loro liste e prendere voti di Fatah, che a quel punto sarebbe scesa al trenta per cento come Hamas. Non sapremo chi vincerà perché l’Autorità nazionale palestinese ha sospeso le elezioni perché vuole far votare anche i palestinesi di Gerusalemme est, che stanno con Fatah, ma ancora deve ottenere il via libera da Israele. Hamas, che è pronta a bombardare Israele per i palestinesi di Gerusalemme est, invece non era d’accordo sull’aspettare il loro voto. Questa è la ragione ufficiale. L’altra ragione è che l’Autorità nazionale palestinese, ora in mano a Fatah, non vuole rischiare una vittoria di Hamas, che peggiorerebbe ancora la vita di tutti i palestinesi e non soltanto di quelli della Striscia.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)